RITA MASCIALINO: ANSWER di SARAH MCLACHLAN

RITA MASCIALINO: ANSWER di SARAH MCLACHLAN

Category: Miscellanea Musicale,

RITA MASCIALINO: ANSWER di SARAH MCLACHLAN

La canzone Answer, Risposta, è composta dalla cantautrice pop Sarah McLachlan (Halifax 1968), performata al pianoforte e cantata dalla stessa con una voce che si potrebbe dire, metaforicamente, un dono di Dio, più concretamente: dono della genetica e della ipersensibilità della canadese Sarah. Si trova inserita nel suo album Afterglow (2003), qui tradotto con Ultimo bagliore come lo è quello del riverbero delle ultime luci del tramonto.  È stata inserita anche nell’interessantissimo film del regista irlandese Neil Jordan (Sligo 1950) The Brave One (2007) sia in una scena del film, sia nei titoli di coda – quando la protagonista, a casa ormai da sola, accende il Lettore, la musica e il canto irrompono magnifici introducendo il ricordo della dolcezza della felicità trascorsa e per sempre interrotta tragicamente, mentre alla fine i suoni sono quasi sommessi, essendo la protagonista sola con i propri crimini, tali seppure commessi con giustizia. Due parole sulla traduzione del titolo del film in italiano. In inglese il genere del personaggio protagonista della vicenda, interpretato da una insuperabile Jodie Foster (Los Angeles 1962), si riferisce a una persona di genere non esplicito dato l’articolo uguale per tutti i generi e il pronome personale che può valere sia per il maschile che per il femminile. Il buio nell’anima, nella traduzione libera, aggira lo scoglio del genere, ma modifica il significato del titolo originale e anche del film, come qui non è possibile spiegare, si andrebbe fuori tema.  

Venendo alla semantica di musica e testo poetico, il tono di fondo della canzone rievoca un genere tipicamente proprio della donna per la sua voce più alta e meno dura di quella maschile, più bassa: la nenia come ninnananna nel doppio aspetto funebre quando accompagna il morto nel regno del sonno eterno, anche di ninnananna che accompagna i bambini nel sonno da cui si sveglieranno ancora più che mai vivi. Da non confondersi con il canto funebre nella musica ecclesiastica, la nenia è di antichissima origine, è un canto al femminile noto dalla cultura dell’antica Roma in particolare. A proposito della donna per così dire ritenuta adatta ad avere il rapporto più diretto con la vita essendo generatrice di vita e, destinata a morire ogni vita, anche indirettamente di morte, è interessante ricordare i due aspetti della preistorica e più che sinistra Dea Madre: quello dell’uccello che annuncia e porta l’uovo, la fecondità, la vita, rimasto ancora oggi nel mondo della fiaba come cicogna che porta i bambini, e quello dell’avvoltoio che annuncia e porta la morte.  

Testo poetico della canzone (http://songmeanings.com/view/) e Video YouTube relativo alla canzone (https://www.youtube.com/watch?v=f6pQcpFnXOI) 

 

Answer 

“I will be the answer at the end of the line
I will be there for you while you take the time
In the burning of uncertainty, I will be your solid ground
I will hold the balance if you can't look down 

If it takes my whole life, I won't break, I won't bend
It'll all be worth it, worth it in the end
'Cause I can only tell you what I know
That I need you in my life
When the stars have all gone out
You'll still be burning so bright 

Cast me gently into morning
For the night has been unkind
Take me to a place so holy
That I can wash this from my mind
The memory of choosing not to fight 

If it takes my whole life, I won't break, I won't bend
It'll all be worth it, worth it in the end
'Cause I can only tell you what I know
That I need you in my life
And when the stars have all burned out
You'll still be burning so bright 

Cast me gently into morning
For the night has been unkind”

Traduzione di Rita Mascialino: 

Risposta 

“Voglio essere la risposta alla fine del viaggio
Voglio essere là per te mentre prendi tempo
Nell’incendio dell’incertezza, voglio essere la tua solida terra
Voglio tenerti in equilibrio se non puoi guardare giù 

Se ci vorrà tutta la vita, non voglio spezzarmi, non voglio piegarmi
Ne varrà la pena, fino alla fine
Perché posso solo dirti che so
Che ho bisogno di te nella mia vita
Quando le stelle si saranno tutte spente
Tu risplenderai ancora così radioso 

Lanciami gentilmente dentro al mattino
Perché la notte è stata scortese
Portami in un posto tanto sacro
Che io possa lavare via questo dalla mia mente
La memoria di aver scelto di non combattere 

Se ci vorrà tutta la vita, non voglio spezzarmi, non voglio piegarmi
Ne varrà la pena, fino alla fine
Perché posso solo dirti che so
Che ho bisogno di te nella mia vita
Quando le stelle si saranno tutte spente
Tu risplenderai ancora così radioso 

Lanciami gentilmente dentro al mattino
Perché la notte è stata scortese”

Una premessa: la traduzione di Mascialino interpreta, diversamente dalla generalità delle traduzioni e tra l’altro, il sintagma I will (…) come è nella realtà della mente inglese, ossia un tempo presente, espresso con un modale che indica che l’azione non è ancora compiuta tutti i futuri sono in questa lingua presenti indicativi di un tipo o l’altro, questo specificamente è composto dal presente indicativo del verbo modale volere, will, in voglio essere, quindi sarò, per così dire. Questa scelta è dovuta all’interpretazione generale del testo che parla della volontà enfatizzata della protagonista di essere forte – i dettagli fra poco. Tale interpretazione è indirettamente confermata dalla forma abbreviata I’ll che compare nel secondo verso della seconda e quarta strofa, dove il verbo shall e will non sono enfatizzzati, bensì scompaiono nell’unica forma verbale che non esprime la volontà della protagonista, ma si riferisce a un’opinione espressa non in prima persona, ma impersonalmente, alla terza persona del neutro. Compare quattro volte in due versi anche nella forma negativa abbreviata won’t riferita al fatto che la protagonista non si vuole spezzare né piegare – won’t, nella pronuncia, ripropone il verbo volere due volte, in will e want, entrambi appunto significanti volere, che in questi versi viene associato inevitabilmente al non volere presente nella forma won’t in un gioco di nuovo enfatizzante la volontà collegata al soggetto I, io, in un bel gioco linguistico – la forma sintetizza la negazione, ma il verbo will, enfatizzato in want, volere, maschera solo parzialmente se stesso, anzi lo ribadisce due volte in un termine unico. 

Riprendendo la breve analisi semantica di Answer, si rinvengono dunque i tratti musicali della nenia, lenta e ripetitiva nei pochi cambi di accordi, cui la voce di Sarah McLachlan dà sensualissima tonalità fino alla sublimazione nel, di nuovo metaforico, celestiale. Già dall’inizio dei versi del testo poetico si parla di fine di una relazione erotico-affettiva che si sovrappone alla vita stessa – intesa come unione psicofisica di due esseri per la vita e per la morte –, dove la donna vuole essere presente quale funzione consolatrice, capace di dare forza nel momento più tragico, quello degli ultimi bagliori dell’amore e, sempre nella medesima ottica, della vita, dei quali il tramonto è simbolo principe. La protagonista, seguendo l’interpretazione di superficie, vuole dare speranza e forza alla persona amata perché affronti l’incertezza del momento grave, dei momenti gravi. La donna vuole dunque rafforzare la persona amata, vuole aiutarla ad affrontare le avversità, costasse anche il sacrificio di tutta la sua vita, fino alla fine.  

Tale testo viene interpretato ovunque, come accennato, come rimpianto per l’amore perduto e per la volontà della donna di aiutare il compagno qualora avessero bisogno di lei, nel momento esistenziale più drammatico, la fine della relazione che si confonde poeticamente con la fine della vita. Sarah McLachlan stessa afferma di aver dedicato la canzone, testo compreso, al marito come our last song in the night of our wedding, la nostra ultima canzone nella notte del nostro matrimonio, ossia verso la fine del matrimonio stesso, percepita come fine della vita in due, estesamente per molti ulteriori accenni anche alla fine della vita stessa – ribadendo: spesso di fatto nel testo si sovrappongono i due ambiti. La donna vuole dunque sostenere la persona amata in tutte le circostanze in cui ci fosse bisogno del suo aiuto, fino alla fine, ne varrebbe la pena sempre, ad oltranza per così dire, così che affronti la fine e della relazione e della vita con equilibrio, aiutata ad avere coraggio di guardare il fondo da lei, dalla protagonista. La McLachlan esprime tuttavia il ricordo della scelta pregressa di non combattere, di rinunciare alla lotta. A parte il fatto che per aiutare qualcuno, occorre essere disposti in qualche modo anche a combattere per la persona da aiutare, oltre a ciò qui sta una delle contraddizioni la quale darebbe al testo la qualità negativa dell’incoerenza. In altri termini: può una donna che vuole essere il solido terreno su cui la persona amata possa stare senza perdere l’equilibrio, la stazione  eretta, può una tale donna che vuole essere forte, fortissima al punto di dare forza all’altro di fronte alla sofferenza e anche alla morte, accompagnandoli così nella vita e nella non vita, può questa donna poi dichiararsi debole al punto di chiedere alla persona, che dice di voler aiutare in quanto incerta e debole, di avere la forza di lanciarla, cast me, lanciami, non di portarla, ma addirittura di lanciarla con un gesto che implica forza, seppure gentilmente, dentro al mattino perché possa risorgere con esso, visto che la notte è stata dura e crudele con lei? Certamente no, pena la sconfessione di quanto ha promesso di voler fare. Non solo, ma in aggiunta: la protagonista chiede alla persona amata, che voleva aiutare a uscire dalla sua debolezza perché avesse forza per affrontare vita e morte, nonché separazione negli affetti, chiede dunque alla persona in questione, che sappiamo, dal testo esplicito, più debole di lei, che questa abbia improvvisamente la forza, enorme, di lavare via, ossia di eliminare dalla mente della donna la memoria di aver scelto di non combattere, di non avere forza dunque. Proprio in questa richiesta, secondo quanto sta nel testo e si evince da esso, c’è una ulteriore contraddizione, grossa, tale che provoca il crollo totale della poesia nell’incoerenza e toglie ogni valore alla promessa della donna di volere aiutare e dare forza. Ciò potrebbe essere, ma all’analisi più profonda del testo ciò non risulta, come vedremo subito. Ricapitolando: avendo la McLachlan dichiarato la sua volontà di farsi aiutare a cancellare dalla mente il ricordo di non aver voluto combattere, azione che non riesce a fare da sé, ma per la cui riuscita chiede aiuto proprio alla persona cui voleva dare la propria forza, avendo dunque la McLachlan dichiarato ciò, il lettore può pensare che sia tutto corretto: chi meglio dell’autrice può sapere come stanno le cose nell’interpretazione delle sue opere? Nessuno. Invece l’autore è in realtà l’ultima persona da ascoltare nell’interpretazione delle sue opere, nel senso che si trova di fronte ad esse come qualsiasi lettore inesperto e anche peggio talora, se ha paura della propria più profonda verità espressa nelle sue opere. Occorre analizzare i testi per capirlo e gli artisti non sono in genere le persone più qualificate per farlo, non mi soffermo sui motivi alla base di ciò. E pochi analizzano. Che l’autore non vada del tutto ascoltato nelle interpretazioni, a meno che non sia un analista rifinito, è noto già dal 1946 – anche da un trentennio prima  a voler essere più precisi – con la Intentional Fallacy di Wimsatt e Beardsley, con cui l’intenzione o le intenzioni semantiche degli autori, le loro opinioni, non avevano l’ultima parola in fatto di interpretazione – con il New Criticism ha perso la preminenza anche l’assegnazione di significato alle opere attraverso l’analisi del contesto storico, biografico etc. Ora potrebbe essere che l’opinione della McLachlan sia corretta, con relativa caduta nell’incoerenza che la sua eventuale opinione non può comunque evitare. Tuttavia, se si valuta il testo in sé, senza lasciarsi suggestionare da quanto un autore o l’altro dice, anche un critico o l’altro dice, si possono avere delle sorprese semantiche non da poco. Ed è quello che andiamo a fare nella fattispecie.  

Dimentichiamo che il testo si rivolga al marito della McLachlan, per altro nel testo, a parte la decisione di dedicargli la canzone a posteriori, nulla si riferisce esplicitamente al marito o a un compagno, c’è solo un tu che si può riferire a una persona, a chiunque, certo a una persona amata, questo resta chiaro in qualsiasi livello esegetico – un tu, you singolare, non si può, tra l’altro, chiedere a tutto il mondo di lanciarci nel mattino, ma ad una persona sola, unica, appunto amata, amatissima.  È la McLachlan che dice, dopo aver composto la canzone, di dedicare definitivamente, dopo riflessioni quindi, la canzone al marito. Dimentichiamo tutto ciò, non le contraddizioni però, e proviamo a cambiare totalmente l’esegesi del testo – che non esclude la dedicazione, che può rimanere, ovviamente con ben altro significato. Se si interpreta la canzone come dedicata in primis alla McLachlan, a se stessa, scompaiono tutte le contraddizioni e il testo domina sovrano in bellezza e profondità, come canto della donna a se stessa per avere da se stessa la forza di vivere e di morire, di amare malgrado la fine del suo amore per il compagno. È a se stessa che Sarah McLachlan rivolge la promessa di tenere duro, di non spezzarsi e di non piegarsi, questo fino alla fine, della vita, ma anche del suo amore, ad oltranza quindi. Ed è  la protagonista che chiede a se stessa di avere la forza di lavare via, ossia di eliminare la memoria del momento in cui, afflitta e abbattuta, non avrebbe più voluto combattere. Così in questa interpretazione che toglie ogni contraddizione e fa emergere in Sarah McLachlan la donna straordinaria che è, la donna che vuole farcela chiedendo a se stessa l’aiuto per vivere e morire, per amare, questo vale la pena di raggiungere, essa dice nel suo intensissimo testo poetico, perché essa ormai sa che nessun altro glielo può dare e sa anche che essa si ama e si deve amare, come nessun altro potrebbe mai.  

Resta da mettere in collegamento il testo, qui così interpretato ed emendato da ogni contraddizione – emersa nel testo linguistico come parola sfuggita al profondo inconscio – con la musica, con la nenia, che accompagna nella quiete, eterna o momentanea, non apparentemente adatta alla volontà di resistenza tenace della protagonista. Viene al proposito in soccorso l’avverbio gently, gentilmente,  il primo verso della terza strofa e dell’ultimo distico: il lancio gentile nel mattino dopo una notte non gentile, a inaugurare l’inizio di una nuova vita, la sua, in modo appunto gentile tuttavia, non violento, non rancoroso verso chi le ha fatto del male nella sua vita percepita come una notte crudele, unkind, all’insegna, implicitamente, di uomini,  di un uomo unkind, mentre essa e il suo nuovo mattino sono kind, gentili, secondo un femminile che non dimentica mai la propria natura non violenta, non rancorosa. La risposta, di Sarah McLachlan ai mali della vita è il proprio rafforzamento attuato in solitudine, facendosi forza da sé, sempre nella gentilezza d’animo che contraddistingue la natura della donna, la sua natura. Da ciò, in parte, la tonalità della nenia, non un ritmo che istighi alla violenza, ma una dolcissima aria che si sposi perfettamente con il lancio gentile in un nuovo inizio della vita, in un risveglio non impostato alla violenza, ma comunque alla bontà, anche se capace di combattere per realizzare questo risveglio dopo una vita paragonata ad una notte crudele, con le armi messe a punto dal proprio rafforzamento, dalla propria disponibilità ad aiutarsi anche in solitudine per non soccombere. Come abbiamo visto, alla richiesta di aiuto che essa pone a se stessa, Sarah lo trova in se stessa, essa sarà la riposta al femminile, come recita il primo verso della poesia stupenda, una donna che non si aspetta nulla dagli altri, dagli uomini, dall’uomo che ha amato e che non l’ha aiutata, facendola al contrario soffrire. Ma qui soprattutto vengono in soccorso della scelta della nenia anche e soprattutto i due molto suggestivi versi della seconda e quarta strofa When the stars have all gone out/You’ll still be burning so bright, Quando le stelle si saranno tutte spente/Tu arderai ancora tanto luminosamente. Da un lato la donna continuerà a brillare di luce propria, della propria promessa e speranza, ma non solo, messo appunto tutto ciò in contatto con la scelta della nenia, i versi si possono riferire ad una vita nella luce del duplice nuovo inizio che avverrà al canto della nenia, del canto femminile che accompagna nel duplice sonno, passeggero ed eterno. A questo punto tutti i giochi sono chiariti: la nenia accompagna la donna anche nel risveglio dell’ultimo mattino nella gloria della luce eterna. 

Straordinaria, sconvolgente di dolcezza femminile è la poetessa e compositrice Sarah McLachlan nella canzone Answer.

Rita Mascialino