La critica d’arte: riflessioni

La critica d’arte: riflessioni

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La critica d'arte: riflessioni

di Rita Mascialino

L’arte esprime alle più diverse profondità e angolazioni consce e inconsce la natura dell’uomo, la sua identità umana più vera, la sua visione del mondo comprensiva di tante e tante componenti, che tutte vanno a connotare la personalità dell’artista. Per fruire dei vantaggi che l’arte offre è già utile un primo approccio intuitivo che stimola attraverso il canale inconscio a sua volta l’inconscio di chi si avvicina alle opere di arti visive, di arte letteraria, cinematografica, musicale e altre. Tuttavia per chi voglia avventurarsi più addentro al reame dominato dall’arte e fruire di più forti vantaggi in aggiunta,  occorre una ruota in più, la potente ruota dell’analisi del significato oggettivo dell’arte, delle opere che appartengono all’arte. Questo può essere in genere dato dalla critica d’arte, dagli specialisti – senza la comprensione profonda del significato l’arte perde in gran parte la sua funzione di rivelatrice dell’uomo, di compagna dell’uomo e mette a disposizione il minimo dei suoi benefici. Certo il significato sta al centro della vita in generale, di tutto l’agire umano ed è altrettanto certo che l’uomo cerchi di capire in varia misura quanto lo attornia,  ciò che fanno gli altri, ciò che fa egli stesso. Nell’arte l’uomo entra nell’ambito di un tipo di immaginazione priva dell’obbligo posto e imposto dal riscontro con il reale, circostanza questa che rende particolarmente difficili l’indagine e la comprensione del significato dei prodotti artistici. Non sempre la critica dell’arte illustra e spiega il significato oggettivo delle opere, di fatto essa spesso esprime le idee soggettive del critico, ciò che pone tale critica al medesimo livello in cui sta la fruizione dei prodotti artistici da parte dell’uomo, per intenderci, comune, ossia non critico d’arte, senza alcuna differenza. Evidentemente in tal modo viene meno la finalità precipua della critica stessa, quella di spiegare il significato conscio e inconscio delle opere d’arte e di dimostrare le proprie affermazioni per fare comprendere il prodotto artistico oggettivamente e più in profondità di quanto possa dare il citato primo impatto soggettivo, in breve: per essere credibile. Se tale primo impatto non può che essere, dunque, soggettivo da parte del fruitore, di chiunque avvicini l’opera artistica, così che in esso parlano eminentemente la personalità di chi interpreta e la sua visione del mondo, una critica che si dica tale parla anch’essa di una soggettività, come non può essere diversamente per tutte le cose umane, ma non direttamente di quella del critico, bensì direttamente di quella dell’artista. Quanto di oggettivo dà l’arte è la soggettività dell’artista, ossia un’oggettività che sta nella trasformazione soggettiva che il reale ottiene nella mente, nella personalità dell’artista a livello conscio e inconscio. In altri termini: in una tale critica che si occupi del significato dell’arte sono la personalità dell’Artista e la sua Arte che stanno e devono stare al centro e in primo piano, non le idee soggettive del critico o del fruitore qualsiasi che, per quanto talora anche interessanti per parte loro, non hanno a che vedere con la soggettività dell’artista, con il significato della sua arte, dell’arte, se è questo che interessa la comprensione dell’arte. Per esprimere la centralità dell’artista e della sua arte la critica deve sì riferirsi ad una trama, agli influssi storici, culturali, biografici, sociopolitici, psicoanalitici e altro, ma non deve fermarsi a tali livelli narrativi, bensì deve estrinsecare il significato delle opere come testé accennato. Il critico deve inevitabilmente giustificare le proprie affermazioni affinché queste siano verificabili e falsificabili, affinché il lettore delle critiche possa agevolmente vagliare e saggiare la veridicità delle stesse, il loro valore, senza confondere il significato oggettivo dell’arte con le proprie esperienze soggettive collegabili a quanto offerto dall’artista, ma non coincidenti con la sua interpretazione del mondo.

Tale significato deve essere identificato dal critico per come sta nelle opere, significato che non è causato dagli avvenimenti biografici o storici o altro di esterno alla personalità dell’artista e meno che mai corrisponde alle opinioni dell’artista sulle sue opere. L’autore come interprete delle sue opere è morto già da un secolo e almeno da quando è stata descritta nell’articolo The Intentional Fallacy del 1946 di Wimsatt e Beardsley la scarsa validità dell’intenzione conscia dell’autore quale critica del significato dei suoi prodotti artistici. In altri termini: ciò che l’autore intende consapevolmente nella sua opera, ciò che egli ne dice, non è rilevante per il significato della sua opera e spesso non ha a che vedere con il suo significato, ossia quello che l’autore presenta come il significato della sua opera può non esserlo ed è solo l’analisi oggettiva dell’opera a dire la verità sul significato dell’opera stessa. Allora gli autori di opere di fantasia, gli artisti, non saprebbero ciò che dicono o fanno? Non è così. Gli artisti hanno ovviamente le loro ragioni per comporre un’opera, ma tali ragioni non coincidono in tutto e per tutto con il significato dell’opera che sfugge loro di mano in quanto esso si inserisce nella loro personalità soprattutto attraverso il canale inconscio, spesso sconosciuto in quanto tale. Così può accadere che l’artista abbia creduto consapevolmente di avere espresso un particolare punto di vista e che ne abbia invece espresso un altro nella realtà della sua opera. Per altro, quanti equivoci sorgono sulla personalità di coloro con cui si ha a che fare? Quante volte gli umani dicono di non conoscere se stessi? Perché dunque gli antichi ritenevano che la cosa più necessaria e più ardua fosse quella di conoscere se stessi? Per conoscere se stessi occorre essere interessati a penetrare nei più intricati percorsi inconsci intrecciati con opinioni consce che non sono sempre semanticamente valide, che anzi sono spesso piuttosto discutibili rispetto alla verità della personalità e questa capacità ha bisogno di specialisti nell’ambito.

Per fare un esempio di quanto asserito, prendiamo il cinema. Questo genere di arte è convenzionalmente collocato al settimo posto nell’elencazione delle arti dopo l’architettura, la musica, la pittura, la scultura, la poesia, la danza, denominato per questo “la settima arte” e certo il cinema, servendosi di tecnologie sofisticate di più o meno recente acquisizione, compare sullo scenario artistico da solo poco più di un secolo rispetto alle altre forme artistiche  presenti già in tempi antichi e anche molto antichi – l’uomo è animale artistico.

Anche nella semantica cinematografica le cose non cambiano ed è il significato dei film, soprattutto la personalità e la visione del mondo del regista che stanno al centro del fenomeno.

Nel cinema non parlano solo immagini o parole separatamente come nelle arti visive e letterarie, ma i due diversi canali fluiscono insieme ed è presente anche la musica. Tutto ciò si spartisce l’attenzione, conscia e inconscia dello spettatore che deve cercare di cogliere il messaggio presente nei vari canali. Parlano anche il tipo e la successione delle inquadrature, il colore o il bianco e nero con i suoi chiaroscuri, in sintesi: le varie tecniche utilizzate per esprimere il significato del film – non può mai esistere una tecnica fine a se stessa. Ma in primo luogo, come testé accennato, parla la personalità del regista, la sua individualità e soggettività, ossia il filtro, conscio e in gran parte inconscio, attraverso il quale viene ad essere la sua visione del mondo, la sua cultura, la realtà della sua immaginazione di artista e di uomo. Venendo all’esempio proposto: nel film Qualcuno volò sul nido del cuculo il regista Miloš Forman dichiarò che nell’infermiera dell’ospedale criminale, Miss Ratched, aveva voluto esprimere l’ideologia del comunismo. Tale opinione è stata accettata dalla critica in generale, ma, senza voler escludere che questa sia stata l’intenzione conscia del regista nella composizione del suo film, si può affermare e dimostrare come nulla nel film riferisca a tale infermiera l’ideologia comunista – vedi critica del film (Mascialino 2018: Il Mondo Semantico del Cinema, www.ritamascialino.com) – e come la visione del mondo espressa nel film sia altra.

Pertanto: se si vuole capire il significato oggettivo di tutto quanto l’arte reca con sé,  non è il caso di ritenere che sia l’Artista a sapere valutare il significato della sua opera, ma è opportuna l’intermediazione di un cosiddetto  specialista che vada oltre il primo livello di fruizione spontaneo dell’arte, appunto di un critico. In altri termini: per entrare nella semantica dell’arte è necessario, come per altro sempre per comprendere il significato di tutte le opere umane, superare il livello di comprensione naïf della fruizione superficiale e parziale, in ogni caso soggettiva, intenzione dell’autore compresa e in primo luogo, perché tale livello dice inevitabilmente poco delle opere stesse e permane nella migliore delle ipotesi su di un piano intuitivo e informativo di dati esterni all’opera, quando non sia fuorviante.

La breve introduzione accenna a solo uno dei cardini della critica d’arte, a quello centrale, quello  relativo all’interpretazione oggettiva del significato oggettivo delle opere – di arti visive, letterarie, cinematografiche, musicali, tra gli altri generi. Le analisi critiche del tipo testé accennato non possono essere brevissime e neanche brevi, in quanto è il significato delle grandi opere artistiche dell’uomo a richiedere ampie distese esegetiche per essere spiegato. Compreso. E, per estrinsecare un mio giudizio, credo valga la pena di scrivere e leggere una critica che dia almeno sufficiente ragione di quanto espresso semanticamente nell’arte in generale e per altro, ribadendo, è il compito naturale e precipuo di qualsiasi critica dell’arte sviscerare il significato della stessa.

A chi preferisca sintetici rimandi critici non resta che non leggere le citate critiche. Come in tutte le cose umane dove sia possibile una scelta, nessuno è costretto a leggere lunghe critiche, né ad accontentarsi di brevi riferimenti, bensì ciascuno può avvicinare quanto fa per lui.

Rita Mascialino