LEONARDO: SANT’ANNA, LA VERGINE E IL BAMBINO CON L’AGNELLINO

LEONARDO: SANT’ANNA, LA VERGINE E IL BAMBINO CON L’AGNELLINO

Category: Semantica delle Arti Visive,

Rita Mascialino: LEONARDO: SANT’ANNA, LA VERGINE E IL BAMBINO CON L’AGNELLINO *

Analisi critica a cura di RITA MASCIALINO

*Argomento presentato per taluni aspetti alla Conferenza tenuta da R. Mascialino L’espressione della personalità di Leonardo da Vinci in ‘Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’Agnellino’ a prolusione della Celebrazione del ‘Gran Premio Art Festival in the World’ istituito dall’Archivio Storico Universale delle Belle Arti del Centro Accademico Maison d’Art di Padova, Fondatrice e Presidente Carla D’Aquino Mineo, critico letterario e di arti visive. Sabato 14 dicembre 2019  inizio h 17:00, Sala Capitolare della Carità di San Francesco Grande, Padova.

La Pala d’altare di Leonardo da Vinci intitolata Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’Agnellino (probabilmente 1510-13),  custodita al Louvre di Parigi, venne portata con sé da Leonardo al Castello di Clos(Cloux)-Lucé nel Centro-Valle della Loira nei pressi di Amboise, dove il grande artista si recò visse ospite di Francesco I dal 1516 al 1519, anno della sua morte. La Pala, dipinta a olio su legno, raffigura in prospettiva genealogica piramidale le tre generazioni sacre identificabili nella madre della Madonna collocata dietro le altre figure quale capostipite, nella Madonna stessa che si vede piegata verso suo figlio, il bambino Gesù che afferra un agnellino il quale sua volta simboleggia il suo già segnato futuro di vittima sacrificale, di Agnus Dei detto nella lingua della Chiesa Romana, il latino. Fu commissionata probabilmente a Leonardo da Vinci per l’altare della Basilica della Santissima Annunziata di Firenze come da un cartone andato perduto, fu poi forse composta per il re di Francia Luigi XII (https://it.wikipedia.org/wiki) come dal cosiddetto Cartone di Burlington House conservato nella National Gallery di Londra.

Dopo i brevi cenni di orientamento storico, ci occupiamo qui del significato dell’opera, facendo seguire una comparazione critica sul piano semantico tra il Cartone di Burlington House e la successiva opera definitiva. Verrà data anche una breve confutazione dell’analisi di Freud derivata da Oskar Pfister che aveva visto nel panneggio delle vesti di Maria un uccello, visione appunto fatta propria da Freud nella sua analisi della Pala, visione condivisa anche da Jung e da Ferenczki, le quali analisi tutte non trovano realtà che nella fantasia degli  autori stessi.

Nell’analisi prodotta in questo studio, spiccano dunque tra il Cartone di Burlington e la Pala alcune differenze che insieme danno una visione profonda dell’angolazione semantica da cui partì e cui arrivò Leonardo nell’affrontare  il soggetto sacro nell’ideazione primaria e nella realizzazione definitiva, ossia del significato che informa. Sappiamo che Leonardo fu un rappresentante eminente del pensiero libero da ogni ingerenza teologica e filosofica, fu contro il principio di autorità, la fallacia logica di rilevanza informale che viene qui considerata la più grave di tutte, quella che apre il cancello a tutte le altre e che comprova le idee con l’autorità di chi le professa e senza verificarle e falsificarle. Fu per questo contro l’egemonia culturale della Chiesa, addirittura anche di quegli  umanisti che avevano fatto della cultura un luogo di erudizione e non di ricerca del vero.

Dunque l’angolazione di partenza per l’ideazione del soggetto della genealogia della Madonna, molto comune all’epoca, si rivela del tutto laica anche se la Pala era finalizzata alla citata Basilica. Nel Cartone manca l’agnellino che compare nella Pala come simbolo di martirio sostituito nel Cartone dal Battista bambino – in ogni caso da un bambino – e le due donne appaiono non come madre e figlia, ma come due coetanee di cui una, la madre del Bambino, è seduta sulla coscia dell’altra. A primissima vista tuttavia, quasi in primo piano, colpisce nel Cartone la presenza di due ginocchia di gambe più maschili che femminili e che sembrano essere quelle di Sant’Anna, quasi essa sia un essere femminile nell’identità del volto e maschile nell’impronta delle gambe tenute larghe, quasi in una postura di parata. A meglio guardare in realtà si tratta del ginocchio sinistro della Vergine  e del ginocchio sinistro di Sant’Anna intrecciati fino a comporre una sola figura in apparenza, quella di Sant’Anna: guardando il busto e il volto di Sant’Anna è molto agevole continuarne la figura con le due ginocchia citate in una dissacrazione molto audace del divino. Certo non può essere sfuggito a Leonardo da Vinci il gioco erotico piuttosto esplicito nella figura di Sant’Anna, in cui questa  appare come il maschio e Maria come la femmina, gioco espresso intenzionalmente, non inconsciamente, da Leonardo. Corrobora questa interpretazione di tale struttura ingannatrice la diversità della postura nella Pala definitiva, in cui le apparenti cosce di Sant’Anna sono improvvisamente sparite sotto la figura della Vergine e sono pudicamente e quasi timidamente chiuse come dimostra la postura dei piedi di Sant’Anna, ossia sono molto significativamente celate allo sguardo e non danno alcuna ingannevole impressione. Proseguendo con il Cartone, la madre della Madonna tiene il braccio sinistro alzato con il dito indice eretto, puntato in alto a significare l’Altissimo, il cielo, la spiritualità, il divino, tuttavia l’indice così collocato e messo in relazione con l’ingannevole immagine di gambe maschili tenute divaricate apparentemente in possesso di Sant’Anna, assume una valenza anche di simbolo fallico, dito che, di nuovo molto significativamente, manca nella Pala, ossia che Leonardo ha eliminato nella Pala compiuta, ufficiale. In altri termini: se nella maternità di Maria non vi è contributo di uomo mortale secondo la leggenda, bensì il contributo per così dire maschile è quello dello Spirito Santo, il dito dipinto da Leonardo, come si evince dal contesto in cui è collocato, ha una duplice valenza: segna l’alto dei cieli, sede divina  da cui provenne tale Spirito; mostra nel contempo assieme allo Spirito Santo dimorante nell’alto dei cieli il simbolo del fallo umano incentrato nella figura androgina di Sant’Anna. Se ricordiamo il magnifico Battista di Leonardo, conservato al Museo del Louvre, vediamo il suo dito indice morbidamente rivolto verso l’alto, senz’altro verso l’Altissimo, ma, nel contesto a forte impronta erotica del dipinto, anche e  forse soprattutto simbolo fallico. Vediamo appunto  come tale Giovanni sia un bel giovanetto dai capelli inanellati e posto nella meravigliosa luce tipica di Leonardo tale da far risaltare il colorito, il volto, la bellezza delle forme, la qualità setosa e opalescente della pelle, i contorni non netti e realizzati nel particolare e impareggiabile sfumato chiaroscurale di Leonardo che informa proprio anche il volto di Sant’Anna nella Pala definitiva, il quale pare fondersi con la luce soffusa e perdere la nettezza dei contorni nell’aria stessa divenendo inafferrabile come questa. Vediamo anche come sia un po’ impossibile scambiare per lo storico Giovanni Battista questo efebo dal sorriso ignaro di grandi mete e vestito scompostamente come durante o dopo una performance di tipo erotico, per così dire in una umanizzazione del sacro, che giunge talora fino alla dissacrazione del sacro. Tornando  al Cartone, la spazialità dinamica (Mascialino 1997 e segg.) della madre della Vergine risulta del tutto adatta al contesto erotico  testé accennato. Il volto della sedicente Sant’Anna è parallelo a quello della figlia, sullo stesso piano, alla pari con quello della figlia, non sta in prospettiva piramidale e gerarchica come di consueto nell’iconografia del tempo, posizione che tuttavia ritorna sebbene più liberamente interpretata nella Pala definitiva. Nel Cartone il volto della madre della Madonna si mostra girato molto strettamente  verso la figlia per guardarla direttamente, quasi per attirare la sua attenzione e ciò non con occhio santo o beato o altro di simile, bensì con un occhio eccitato e voglioso in sintonia con l’espressione della bocca, sguardo che è stato cancellato nella Pala definitiva, tenendo qui Sant’Anna gli occhi chiusi e comunque completamente celati al prossimo quasi per non far vedere il vero sguardo come stava evidente nel Cartone e come verosimilmente sta ancora sotto le palpebre che velano così discretamente gli occhi. La bocca non è più vogliosa come nel Cartone, ma esprime l’inconfondibile sorriso appena accennato della Monna Lisa e appunto di Sant’Anna, ancora più enigmatico di quello della Giocanda, se mi posso permettere l’opinione. Tutto ciò a conferma dell’impronta erotica e della fusione di uomo e donna in Sant’Anna ottenuta con qualche trucco di ginocchia e gambe, ironia e dileggio del sacro che, come accennato, si riscontrano non di rado in Leonardo. Le due donne, come più sopra anticipato, appaiono inoltre della medesima età, la vecchiaia della madre è stata cancellata dalla mano d’artista di Leonardo che nell’abbozzo aveva in mente altro in luogo della santità inerente alla figura storica. L’ispirazione fu quella relativa a due donne che si amano di cui una ha l’iniziativa, il ruolo del maschio, appunto Sant’Anna, in una espressione della sessualità per come la vedeva Leonardo, di tipo omosessuale, mista di femminile e maschile in una stessa persona, in una donna metà femminile e metà maschile. Molto ci sarebbe ancora da dire sulla semantica di quest’opera, ma bastino qui i punti salienti del significato per come sono stati esposti.

Veniamo alla confutazione dell’interpretazione data da Freud e prima ancora da Pfister, anche da Jung e da Ferenczi, alla Pala (Freud 1910). Mentre la semantica sottostante alle immagini in questione è stata in questo studio mostrata e spiegata, l’avvoltoio o anche il nibbio eventuale visti nel panneggio della veste di Maria sono inventati, ossia si vedono perché è stato arbitrariamente costruito l’uccello in esse, un uccello non evidente, ma solo inventato da Freud sulla scia di Pfister e poi spiegato come simbolo inconscio di maternità. È il caso di aggiungere che appare molto sorprendente che Leonardo paragonasse consciamente o addirittura inconsciamente la più dolce maternità, così importante per lui cresciuto con il ricordo dell’amore della mamma vera, con un simbolo tanto orrido di morte quale è quello dell’avvoltoio che, volendo occuparci di riferimenti storici e preistorici, all’epoca del matriarcato della Dea Madre si riferiva sì alla Dea Madre appunto, ma nella sua funzione di annunciatrice di morte, non di maternità per la quale stavano a diposizione uccelli più lieti e ulteriori altrettanto lieti simboli connessi.  Per altro è una consuetudine di Freud servirsi di idee altrui magari spesso anche non citandone la fonte, come, per fare un esempio, per l’idea veramente straordinaria del ritorno della vita all’inorganico presa proprio da Leonardo da Vinci non citato come suo ideatore o scopritore. La psicoanalisi, sistemata da Freud sulla scia delle sue interpretazioni di opere letterarie della Grecia classica nonché sulla scia delle idee di Bleuler, non risulta metodo valido per le analisi letterarie e artistiche per molti motivi che qui non si espongono onde evitare una troppo lunga digressione dal tema di questo studio. Diciamo solo che molto difficilmente un metodo ideato per la cura di disturbi mentali può essere adatto ad affrontare la salute mentale, si tratta di due realtà troppo diverse perché possano contare su di uno stesso metodo di indagine, un po’ come voler dare trattare una persona sana con l’antibiotico visto che fa bene ad un malato. In ogni caso è sempre possibile per così dire trovare in un’opera o l’altra qualche aggancio ad altre opere, ad altre situazioni, ad altri modelli, bisogna poi vedere se questi collegamenti trovati qui e là molto facilmente e a tutto piacere nella grande storia dell’umanità, siano validi. Per verificare e falsificare ogni ipotesi esegetica, interpretativa, occorre valutare il piano semantico e sul piano semantico le congetture di Freud relative alla Pala risultano errate, come pure quelle degli altri studiosi di cui più sopra. Ribadendo: nel contesto, per vedere l’avvoltoio e comunque un uccello nel panneggio di Maria, su cui Freud ha fatto una lunga riflessione soggettiva di tipo storico andando a pescare la dea egizia Muth e altro secondo i suoi intendimenti esegetici soggettivi e fantasiosi, occorre leggere la sua interpretazione e lasciarsene persuadere senza cercare falsificazioni e verifiche di quanto in essa affermato. L’interpretazione di Freud si rivela come del tutto forzosa e arbitraria e non tanto per la diversità dell’uccello – che comunque, lo ricordiamo, ha dato inizio agli errori esegetici e mostra già di suo all’ingrandimento la precarietà dei metodi che vogliono spiegare il significato dell’arte attraverso i riferimenti storici, metodi di cui la psicoanalisi è un esempio –, quanto perché non tiene conto alcuno della realtà dell’espressione artistica in Leonardo come essa risulta appunto dall’analisi semantica della sua opera che riflette la sua visione del mondo. I riferimenti storici possono spiegare le concatenazioni che hanno portato a svolgere un determinato soggetto in un determinato tessuto sociale e altro di simile, ma quando vogliono uscire dal loro ambito precipuo per spiegare il significato dell’arte, delle opere artistiche, sbagliano inevitabilmente per via della diversità degli ambiti e conseguentemente dei metodi ad essi adeguati o inadeguati. Per concludere: voler spiegare il significato dell’arte con i riferimenti storici, biografici, culturali o quant’altro, è mettere l’arte e gli artisti nel letto di Procuste e perdere quanto l’arte comunica all’umanità attraverso gli artisti. E questo è ciò che Freud ha fatto con la sua interpretazione della Pala leonardesca.

Rita Mascialino