Alessandro Manzoni

Date: 15/10/2012
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MASCIALINO, R., La donna e la madre nella Milano affamata di Alessandro Manzoni (da I promessi sposi, Cap. XII): analisi e interpretazione. A. III, N. 5, 9-18 [Rivista di Analisi del Testo Letterario e Figurativo (MeQRiMa)]

p. 15

“Il paragonare tale donna ad una ‘pentolaccia’ esprime nello speciale contesto del ‘pancione’ e della ‘doglia’ di nuovo un disprezzo profondo per il genere femminile: non solo per la donna in questione, ma, attraverso la sovrapposizione dell’immagine della donna che sta per partorire, anche per la donna in generale.
In aggiunta, non solo il paragone con la una pentola è già di per sé irridente, ma si tratta anche di una ‘pentolaccia’, un peggiorativo in senso schernente all’interno di una comparazione già di per sé poco onorevole per chi l’ha coniata, essendo la pentola qualcosa da riempire, così che la donna diviene una brutta pentola riempita, verbo ‘riempire’ implicito alla spazialità dinamica convogliata nel termine ‘pentolaccia’ e di nuovo collegato al più spregevole senso da dare alla gravidanza e alle deformazioni fisiche cui essa sottopone la donna appunto gravida (...)”

Mascialino, R., (2000) Da “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni: analisi e intrerpretazione. N. 4, pp. 35-42. (Interpretare IRIATFEL).

p. 35

“(…) Il pezzo qui in analisi immanente al testo è il seguente:
"I passeggeri, silenziosi, con la testa voltata indietro, guardavano i monti, e il paese rischiarato dalla luna, e variato qua e là di grand’ombre." (Provenzal 1982: VIII, 169, 658-661) (...).”

pp. 40-41

“(…) Un ultimo chiarimento ancora a convalida ulteriore del fatto che [per ‘variato qua e là di grand’ombre’] si tratti di ritmo anapestico e non dattilico e trocaico (...): il dattilo non potrebbe mai armonizzarsi con l’apparente discesa dall’alto dei raggi lunari che, nel ritmo dattilico, dovrebbero, impossibilmente, scendere, vedi battuta bassa e grave, e poi alzarsi, vedi battute alte e leggere, un po’ come fare un passo in discesa e due in salita o scendere a segmenti dalla successione irregolare e confusa, in basso il primo e più in alto gli altri due, ciò che renderebbe l’immagine dei raggi lunari in un tale contesto quanto meno insolita (...) Il ritmo anapestico [due brevi ed una lunga, due più alte ed una più bassa] è in perfetta sintonia con l’immagine dei raggi lunari che paiono giungere sul paese con ritmo di caduta lenta e come a folate disuguali, a chiaroscuri, per riprendere ora l’immagine della coltre: come un tessuto che, dall’alto e tenuto per due capi, venga lasciato ricadere su chi si appresta a dormire perché si stenda delicatamente e al meglio, azione che dà a chi giaccia al di sotto una sensazione di particolare piacevolezza dal momento che il corpo viene toccato lievemente in più parti, quasi si tratti di un accarezzamento erotico attuato con fuggevole sfioramento in più punti sia contemporaneamente che successivamente, accarezzamento il quale, poiché in questa interpretazione il paese risulta avere una sua speciale personificazione, si profonda non solo sugli uomini, ma anche e soprattutto sul corpo del paese, sui suoi tetti, sulle sue finestre, sulle sue porte, nonché sulle sue stradine di sassi e di terra (…)”.

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