A volte, o forse anche spesso, le cose ovvie, per il fatto di essere tali, non sono più oggetto di attenzione, non vengono più messe in discussione e ciò può portare all’oblio di quanto le cose ovvie significano comunque, al fraintendimento delle stesse e, senz’altro vista la relatività dei valori, al non riconoscimento della loro cessata validità se ne avevano una un tempo.

Per quanto riguarda l’oblio del significato delle cose divenuto ovvio, ritengo non inutile in questa prefazione richiamare l'attenzione dei lettori interessati sul collegamento Stato-Scuola.

Sebbene, come è ovvio, vi sia un Ministero dell’Istruzione che presiede all’organizzazione della Scuola e dell’Università si può dimenticare che la Scuola è come la vuole il Ministero. Si può in aggiunta anche dimenticare che il Ministero è a sua volta come lo vuole il Governo, e che il Governo in una democrazia come quella italiana, ossia in una democrazia debole dove il cittadino non si può fare sentire molto e addirittura i vari Governi vorrebbero abolire anche l’Istituto del referendum, non è sempre come lo vorrebbero i cittadini.

La Scuola dunque, se l’ovvietà lo avesse fatto dimenticare, è lo strumento principe che i Governi costruiscono ed utilizzano per produrre il tipo di cittadino o di suddito che essi ritengono adatto a realizzare le loro mete di potere e di strutturazione della società presente e futura cui sono a capo. Anche dove le scuole godono di molta autonomia dai dettami diretti del potere politico, ad esempio in Inghilterra o in Germania o negli Stati Uniti per citare solo qualche Paese, questa autonomia è frutto della volontà del potere politico, senza la quale nulla potrebbero le scuole, per cui l’autonomia, ossia la libertà di organizzazione, rientra sempre nelle finalità di quest’ultimo relative alla costruzione della storia di uno o l’altro popolo. Pertanto, se la Scuola è buona o si rinnova secondo necessità, ciò è dovuto in primo luogo alla volontà e alle decisioni del potere politico e se la Scuola non è buona e non si rinnova secondo necessità, ciò è dovuto in primo luogo alla volontà e alle decisioni del potere politico. La Scuola in ogni caso dunque, pur dotata nelle società democratiche più o meno avanzate di più o meno ampie o strette autonomie al suo interno per proprie iniziative ed orientamenti, non è mai libera dalle direttive del potere politico e riceve i contorni del suo disegno di base, positivo o negativo, dallo stesso, questo più o meno direttamente o indirettamente, così che, se per assurdo esistesse una Scuola del tutto libera dai dettami del potere governativo, ciò sarebbe sempre effetto della volontà e della decisione del potere governativo stesso che sta a monte dell’organizzazione di quella società.

Certo, tutta l’organizzazione sociale denuncia la qualità del sistema politico in auge, ma l’apparato di base più significativo e sensibile per sentire la verità del polso di una società è quello dell’Istruzione, che svela la forza o la debolezza della visione del mondo che il potere vuole indossata dai cittadini perché esso possa continuare a governare, a diffondere per così dire i suoi geni, a realizzare il tipo di società confacente alle sue mete. È nella Scuola che, dopo che in famiglia e parallelamente all’educazione da questa impartita in un modo o nell’altro, avvengono in misura sostanziale la programmazione e l’edificazione della personalità dei cittadini, personalità sulla quale si basa in linea di massima il volto di ogni società. Ed è la personalità individuale nel suo complesso che rende l’uomo capace o non capace di usare i percorsi dell’intelligenza al meglio, mentre è poco proficuo e talvolta persino pericoloso cercare di sviluppare l’intelligenza a prescindere dal tipo di personalità in cui essa verrà ad operare. Ad esempio: anche chi delinque ha ereditato i cervelli ancestrali depositari dell’intelligenza potenziale della specie come è acquisita geneticamente, intelligenza potenziale che ciascun individuo sfrutta per quanto può servire al raggiungimento delle sue mete e sulla quale si può innestare uno o l’altro progresso, uno o l’altro regresso. Ciò che manca a chi delinque è appunto la formazione di una personalità in grado di decidere di sviluppare e mettere l’intelligenza potenziale al servizio operativo di progetti positivi, questo è appunto, innanzitutto e immancabilmente, quello che fa la differenza più concreta tra il delinquente e il non delinquente. E una personalità capace di affrontare i doveri e la frustrazione e comprensiva dei valori rappresentati dalla capacità logica e di giudizio morale deve essere fornita dall’educazione familiare e sviluppata a scuola che è il luogo per eccellenza in cui si possono e devono strutturare appunto la capacità di comprendere nei vari ambiti cognitivi e la capacità di giudizio morale al di là di ogni degenerazione possibile in moralismi che nulla hanno a che fare con tale capacità ed anzi sono una sua negazione.

A prescindere comunque da come uno la può pensare in merito, resta il dato di fatto secondo il quale la Scuola contribuisce sempre e massicciamente allo sviluppo o all’involuzione della personalità dei cittadini di un Paese, così che non si possono avere società avanzate intellettivamente e moralmente con sistemi scolastici arretrati e società arretrate intellettivamente e moralmente con sistemi scolastici avanzati, ma entrambi i livelli si muovono all’unisono anche se questo particolare unisono può non essere di immediata evidenza. Da sottolineare in ogni caso, anche se qui non si può dare spazio agli approfondimenti esplicativi opportuni, che i giovani sono sempre e comunque quasi del tutto innocenti rispetto al loro eventuale deragliamento e fallimento, per i quali sono colpevoli in ampio se non totale grado Famiglia e Scuola, le Istituzioni che hanno la responsabilità della formazione dei giovani, ossia che sono preposte ad ottenere dai giovani il massimo o il minimo sfruttamento positivo della vita o minore del minimo.

Tornando alle responsabilità del potere politico rispetto alla società e al sistema scolastico, se la Scuola si dimostra come apparato non al passo con il progresso tecnico-scientifico della società in cui si trova ad operare, ciò è sempre dovuto dunque al potere politico, incapace di organizzare un sistema funzionante in marcia con i tempi, in aggiunta rappresentato per un motivo o per l’altro da forze negativamente conservative, tese a frenare il passo del tempo, il passo dei cittadini verso la sempre maggiore libertà democratica, il loro diritto a vivere una vita al massimo possibile delle potenzialità di ciascuno per il bene proprio e della società, in ogni caso in misura almeno sufficientemente soddisfacente.

Ora l’Italia mostra un vecchio ed anche vecchissimo sistema scolastico rappezzato con tante toppe mirate negli intenti al rinnovamento del sistema di superficie, tante al punto che ci sono solo toppe ed il tessuto di base è vicino al collasso in pezzi. Come possono essere i giovani italiani formati in questo tipo di Scuola rappezzata? In linea di massima e con eccezioni, molti sono i giovani, inevitabilmente, abituati a stare nel livello minimo, a dare e a ricevere il minimo, ad avere quasi paura di sviluppare l’intelligenza nonché il diritto di avere la capacità di formulare il giudizio morale, quasi ritenessero che nella vita non si possa sperare altro che cavarsela per il possibile, arrangiandosi. E nell’arrangiarsi la fanno da padroni la furbizia e l’indifferenza morale, i modelli che vanno per la maggiore in tanti giovani italiani e che sono gli strumenti di base della disonestà, come se la furbizia e l’indifferenza morale potessero e dovessero stare al posto dell’intelligenza e della differenza attuata dalla capacità di giudizio morale, strumenti di base dell’onestà. Sembra che tanti nostri giovani non apprezzino sempre come sarebbe consono ed auspicabile la soddisfazione di essere onesti e capaci e vi suppliscano per come possono preferendo appunto la furbizia ed il suo seguito privilegiato fatto di arroganza, presunzione, volontà di prevaricazione, certo non sempre, ma non proprio di rado. Pare che non pochi giovani si accontentino dunque di un programma esistenziale di minima o rivolto verso i modi più facili di ottenere denaro ed in tutto ciò sviluppino quasi inevitabilmente pretese indebite dovute alla disperazione di fondo di chi vive nel nulla delle soddisfazioni. E le soddisfazioni più pregiate le danno il migliore funzionamento dell’intelletto e la capacità di vaglio morale.

Certo, la Famiglia e la Scuola affermano di volere il massimo dai loro giovani e, non ottenendolo, ascrivono il fallimento alla cattiva natura e indole dei giovani, a motivi di forza maggiore quindi. Ma in realtà non esiste propriamente una cattiva o buona indole in nessuno all’origine, bensì entrambe sono possibili per la nostra specie. La cosiddetta indole e natura sono unicamente, dico unicamente, ascrivibili alla formazione. Ed una formazione sbagliata, negativa, non dà la possibilità di avere soddisfazioni di tipo positivo, superiori in qualità a quanto può offrire l’elementarità più o meno animalesca. L’indole o la natura degli umani sono ascrivibili alla formazione che hanno dato, consapevolmente o meno non fa differenza, la Famiglia e la Scuola – la società viene dopo. Ed è in un’atmosfera negativa, come accennato, che i modelli comportamentali da imitare diventano quelli delle persone peggiori, quelle meno intelligenti, quelle più furbe, quelle che hanno dei vantaggi vendendo se stesse al migliore, ossia al peggiore, offerente. Anche i media vengono dopo e parallelamente a Famiglia e Scuola. Se i giovani sono lasciati soli di fronte a TV ed Internet, non è certo colpa dei media o dei giovani stessi se questi vedono e sentono ciò che non dovrebbero vedere e sentire da soli, è primariamente colpa dei genitori che non educano e non vigilano e che si tolgono il dovere di educare e di vigilare insaccando i loro figli davanti a schermi che ne catturano la giovane mente senza che essi abbiano ancora sviluppato quella capacità critica e quella capacità di vaglio morale che li potrebbero salvare dall’illusione di potenza e dal plagio più bruti e brutali perché più inconsci, ossia che li potrebbero rendere consapevoli della qualità di quanto viene loro di volta in volta offerto.

È questa impostazione della formazione o deformazione della personalità che può e deve cambiare. Le famiglie vanno doverosamente responsabilizzate ed istruite per prime con le opportune misure di cui non è qui un discorso specifico. Dirò soltanto che l’educazione degli umani non si limita ad insegnare a camminare e a procurarsi il cibo prendendo i frutti spontanei dagli alberi come era il caso dei nostri arcaici progenitori. Occorre tanto di più. Solo che i genitori non possiedono le conoscenze necessarie per il fatto che sono in grado di procreare e di espletare una professione, per cui devono essere istruiti affinché diano il meglio ai loro figli e non rovinino la vita ad essi con una formazione carente e alla bell’e meglio nella migliore delle ipotesi. Quanto alla Scuola, anch’essa può molto, ma solo con una adeguata Riforma dell’Istruzione che non si limiti a rimettere in auge tutte le materie come ai bei tempi antichi, questo in quanto le condizioni di vita ed i valori che guidano l’esistenza sono molto mutati dal passato e pertanto non possono più andare bene: quando i figli non godevano di nessuna libertà, era facile educare, bastava proibire e tutto o molto finiva lì; dove la libertà è grande, non basta proibire, bensì occorre addestrare al vaglio logico e morale degli eventi e dei comportamenti. Non basta neanche cambiare collocazione a qualche pedina nella scacchiera scolastica. Occorre attuare i cambiamenti opportuni adatti alla situazione più avanzata. Occorre guardare al futuro attraverso la crisi del presente e la diversità dal passato, guardare ad una società impostata verso l’efficienza, verso una moralità scevra da qualsiasi forma, anche la più inconscia, di moralismo e di pregiudizio, verso la libertà e la capacità di essere liberi nel rispetto della libertà altrui oltre che della propria, verso la realizzazione delle pari opportunità per tutti i ceti sociali e per i sessi, perché tutti hanno diritto di imparare ad amare il meglio e di avere gli strumenti per avere il meglio come deve dare chi organizza la vita degli altri, nella fattispecie dei giovani. Per altro anche nei cosiddetti bei tempi antichi il marcio e la sopraffazione esistevano sebbene non visti su scala mondiale, e se li si è visti poco, ciò significa che nei bei tempi antichi si poteva imbrogliare meglio di oggi, momento storico dove i disonesti non si possono nascondere più così bene come in passato, ciò grazie al grande e mai abbastanza apprezzato contributo dei giornalisti e della libertà di stampa, di tutti i media, di internet in primo luogo, i quali non lasciano che il marcio e l’inganno restino nascosti indisturbatamente.

Il sistema scolastico italiano è in profonda crisi e con esso tutta la società, ma le crisi servono o possono servire per lasciare il vecchio e costruire un nuovo più adeguato al presente e al futuro. La crisi attuale deve dunque essere foriera di miglioramento della situazione generale. Quando un Paese è in crisi generale profonda, come l’Italia e non solo l’Italia, occorre certo sanare l’economia, ma non si può tralasciare la formazione dei giovani a scuola, altrimenti non potrà cambiare nulla ed anzi, la mancata formazione dell’intelligenza e della capacità di giudizio morale nei giovani terrà la porta aperta al peggioramento progressivo, alla decadenza inarrestabile.

In piena armonia con questo dato di fatto, per fare un esempio dell’impostazione politica di altri Paesi, quando ci fu la grande discussione parlamentare per una riforma della lingua tedesca in senso semplificativo, in cui tra l’altro si volevano togliere le maiuscole ai sostantivi visto che gli altri popoli se la cavavano bene anche in assenza di questa distinzione ortografica, la risposta del Bundestag, del Parlamento Federale, del governo centrale della Germania, fu che i sostantivi non si sarebbero scritti minuscoli e che sarebbe rimasto l’obbligo della distinzione ortografica fra sostantivi e non sostantivi attraverso la maiuscola in quanto la sua eliminazione avrebbe impoverito il patrimonio logico del popolo tedesco. Ciò dimostrò esplicitamente come al potere politico della Germania interessasse ed interessi tuttora e sempre e sempre più avere un popolo in possesso di buone ed anche ottime strutture logiche, indispensabili strumenti per costruire un tipo di esistenza e di regime democratico avanzato a tutti i livelli.

Come disse un paio di decenni fa la Ministra dell’Istruzione nel Land tedesco dello Schleswig-Holstein, Marianne Tidick: “Per un Paese di pianura, che non dispone di materie prime e che per via della sua posizione periferica ha condizioni sfavorevoli nelle comunicazioni, gli uomini con il loro patrimonio intellettivo e la loro disponibilità a dare il massimo di sé sono il capitale decisivo. È questo capitale che bisogna promuovere.” (Tidick 1990, trad. di R.M.)

E la Germania veramente ha fatto questo per il possibile: gravata dall’enorme problema dell’assimilazione e dello sviluppo della ex D.D.R. e da tutti gli altri problemi della crisi generale attuale inclusi i problemi di adeguamento all’improvviso e rapido afflusso degli extracomunitari, la Germania ha colmato i dislivelli tra le economie delle due ex Germanie, ha affrontato al meglio l’inserimento degli extracomunitari nella sua compagine sociale – la Germania ha le leggi sociali più liberali del mondo – e si trova oggi niente meno che ai vertici non solo europei ma mondiali della ricerca in ambito tecnologico e scientifico.

Non possiamo che concordare con quanto la Tidick ha detto e sottolineare in aggiunta che nessuna questione morale né di legalità potrà mai essere affrontata concretamente a livello di organizzazione di una società se non viene affrontata in modo consono la questione dell’Istruzione, perché a scuola non si va solo per imparare a contare, a leggere e a scrivere o, in termini di recente attualità, a usare il computer e a parlare inglese, a scuola si va innanzitutto per essere formati, volenti o nolenti, a livello intellettivo e morale. Se si andasse a scuola solo per imparare l’uso del computer o l’inglese, la Scuola sarebbe prevalentemente una grande scuola professionale che indirizza al lavoro ed in ciò verrebbe persa di vista la funzione formativa della personalità. La formazione non solo professionale ma anche e soprattutto della personalità è meta più ampia e profonda che l’apprendimento di una o l’altra materia tecnica idonea ad agevolare l’ingresso del giovane nel mondo del lavoro. Ed è la realizzazione di tale meta che fa del giovane un cittadino capace di onorare se stesso e la società in cui opera. I concetti di ‘patrimonio intellettivo’ e ‘buona disposizione a dare il massimo di sé’, come ben dice la Tidick, formano il migliore substrato adatto alla crescita della personalità di ciascuno, della società tutta. In altri termini: è dando il massimo di sé con lo sviluppo dei propri talenti e delle proprie abilità, della propria intelligenza e della propria capacità di giudizio morale che si dà contemporaneamente il massimo di sé a se stessi e agli altri, ossia è proprio in questa disponibilità a dare il massimo e il meglio di sé che sta il fondamento più importante per lo sviluppo dell’intelligenza e della moralità. E queste disponibilità non crescono da sole, vanno seminate e curate convenientemente da Famiglia e Scuola.

A proposito di questa semina, ancora una parola prima di concludere questa prefazione.

Per quanto attiene alle materie tecniche, fisiche e naturali, il loro studio deve essere senza indugio aggiornato e potenziato in massimo grado nel sistema scolastico italiano, sempre piuttosto arretrato in questi ambiti in quanto lento per vari motivi a seguire il passo veloce della ricerca scientifica, delle invenzioni tecnologiche più avanzate – basta vedere parallelamente le odissee che si fanno da un ufficio all’altro in Italia quando servono documenti qualsiasi a dimostrazione di come in questo Paese non ci sia ancora una burocrazia al servizio del cittadino, ma siano i cittadini ad essere al servizio della burocrazia come negli antichi regimi assolutistici. Ora, le materie scientifiche e tecniche sviluppano uno o più tipi di intelligenza e di competenza e sono anche formative della personalità in quanto l’apprendimento del metodo scientifico nella varie discipline, quando e nella misura in cui esso si verifichi, fornisce anche un insegnamento forte alla distinzione tra quanto è corretto e quanto non lo è, indirettamente quindi un insegnamento all’onestà, al gioco pulito – i percorsi scientifici o della comprensione non sono quelli della prepotenza, ma dell’intelligenza appunto. Di per sé tuttavia le discipline di tale ambito non formano né sviluppano la personalità nel suo insieme, costruiscono appunto uno o l’altro tipo specifico di intelligenza. L’intelligenza di tipo tecnico o scientifico è lo strumento per eccellenza al servizio della personalità e dell’attività che ciascun individuo decida di fare in base a quanto gli concede la personalità che esso ha sviluppato. Si tratta di uno strumento settoriale per così dire, mentre la personalità ha bisogno, in aggiunta, di una strutturazione più ampia, meno settoriale, più complessiva, capace di distinguere ciò che è positivo da ciò che è negativo al di là di una o l’altra predica che possano credere di formarne la capacità di giudizio – le prediche non lasciano traccia nel cervello tranne che come zavorra. Si può essere intelligentissimi in uno o l’altro ambito, si può essere perfettamente in grado di intendere e di volere e nel contempo avere una personalità insufficientemente strutturata, ciò con la possibilità concreta di porre l’intelligenza al servizio di un cattivo padrone. Per fare un esempio estremo, la strutturazione dell’intelligenza tecnico-scientifica da sola o di capacità organizzative non basta ad evitare la presenza di possibili degenerazioni: il dottor Mengele aveva sviluppato in ampio grado alcune branche dell’intelligenza tecnico-scientifica ed anche l’Inquisitore Torquemada era abile nella caccia agli eretici, ma ciò non servì a nulla di buono in quanto entrambi misero la loro intelligenza al servizio della loro personalità assassina di tipo seriale.

Venendo a quanto mi preme qui di evidenziare: alla strutturazione della personalità nel modo consono partecipano certamente tutte le discipline scolastiche ciascuna con il suo contributo formativo, ma in particolare sono le materie umanistiche il fulcro della formazione più ampia, in quanto imperniate più specificamente sullo studio del linguaggio di parole, meno settoriale, più adatto a formare la capacità di giudizio nei vari ambiti, questo sempre che tali discipline siano insegnate con la dovuta scientificità, con il dovuto insegnamento della logica a livello linguistico, il tutto finalizzato a comprendere obiettivamente il significato della cultura umana, ciò che attualmente non si verifica sufficientemente o si verifica addirittura molto scarsamente.

Ora la capacità di giudizio nei vari ambiti e la comprensione di tale significato passa appunto, come testé accennato, per la rivalutazione del linguaggio di parole, della logica espressa a livello di discorso, non a livello matematico come logica simbolica che è competenza precipua, anche se non esclusiva, della matematica. Lo studio del linguaggio va dunque profondamente rivalutato. La comprensione del significato della cultura – e quindi della vita e del senso qualitativamente migliore da dare alla stessa – passa per la conoscenza scientifica profonda del significato del linguaggio. Quello quotidiano? Anche. Ma soprattutto quello dei testi letterari, filosofici, e mitologici, relativo alla storia e all’arte dei popoli, i quali costituiscono quanto più strettamente viene inteso con il concetto di cultura, quanto è stato prodotto in seno alla personalità espressa dagli umani nella loro civiltà. Il significato convogliato dal linguaggio di parole è stato per troppo tempo ingiustamente considerato incapace di esattezza, di scientificità, di valore universale dei significati i quali sarebbero intrinseci solo al linguaggio numerico della matematica, unico deputato a dare risultati sicuri, di valore universale e scientifico, mentre il linguaggio appunto darebbe solo soggettività non scientifica. Questo giudizio è frutto di estesa e ormai davvero inaccettabile ignoranza della natura del linguaggio – vedi, ad esempio fra gli altri possibili, l’insufficienza grave in fatto di logica linguistica, ad esempio, nel matematico e logico Gottlob Frege (Mascialino 2009a) – e va rimediato come si rimediano gli errori. Se per determinati ambiti di sapere come per la fisica o la chimica o altro la misurazione numerica è indispensabile, non per tutti gli ambiti è valida la medesima forma di misurazione, ambiti che possono essere scientifici anche se non sono a base numerica. Non ci possono essere strumenti uguali per ambiti operativi diversi anche se molti studiosi lo ritengono possibile o non hanno valutato correttamente la situazione, cadendo così fuori da ogni scientificità e, magari senza accorgersene, dando legittimità al letto di Procuste. In ogni caso, di fatto non è affatto il linguaggio a non poter essere scientifico, è il suo uso che può essere scientifico e non scientifico, errato.

Questo studio del significato del linguaggio attuato in base a processi scientifici falsificabili va dunque rivalutato ed insegnato come disciplina fulcro della formazione della personalità, perché è attraverso la comprensione di ciò che esprime il linguaggio, consciamente e inconsciamente, che si possono smascherare gli inganni del prossimo e gli autoinganni, che si può comprendere la cultura umana, il senso da dare alla vita. Va rivalutato e insegnato convenientemente allo scopo di poter affrontare lo studio della civiltà e della cultura umana nella prospettiva della comprensione del significato che queste convogliano e non nella prospettiva dell’equivoco continuato, della soggettività di ciascuno che sbaglia in buona o mala fede. È nella rivalutazione adeguata del significato del linguaggio che si struttura il più ampiamente possibile la personalità, quella personalità al cui servizio gli umani mettono e metteranno sempre la loro intelligenza perché così vogliono i meccanismi cerebrali. Proprio qui, nel rinnovato valore dato al linguaggio di parole, sta l’arma più forte contro l’imbarbarimento della nostra specie. Uno studio del linguaggio che sia rinnovato nelle direzioni dell’approfondimento della semantica e della logica deve entrare in tutti gli ordini e gradi della Scuola come elemento fondante di una formazione logica e morale del più ampio respiro, della possibile acquisizione di quella personalità capace di giudicare il corretto e lo scorretto, il bene e il male, di comprendere in senso lato. Si vuole una moralità migliore nella società moderna, nei giovani? Mi chiedo come si possa sperare di ottenere ciò con il sistema scolastico italiano, del tutto disinteressato ad una tale formazione al di là di qualche inutile predica che non lascia segno rilevante nella personalità – il cervello non è sensibile ai buoni propositi se non è stato addestrato a recepirli, se non ha circuiti formati in tal senso. La migliore moralità si ottiene possedendo come base il padroneggiamento dell’uso del linguaggio quale strumento più ampio di comprensione e ciò in tutti i suoi risvolti consci e inconsci, logici e retorici. Come si può esercitare tale apprendimento della logica a livello linguistico e della capacità di giudizio morale? Abbiamo detto non con le prediche di nessun genere. Tale studio si eserciterà con i metodi convenienti attraverso l’introduzione di discipline specifiche per l’apprendimento della competenza linguistica assommante le connotazioni citate.

Oggi più che mai l’area delle discipline umanistiche svolte su base scientifica, ossia radicate su una considerazione ed una conoscenza del linguaggio, diverse dal pragmatismo finora sempre in vigore (Mascialino 2009b), va rivalutata come l’area più consona a creare una coscienza civile e morale oltre che consona a sviluppare un’intelligenza di tipo versatile, per così dire meno settoriale o, più esattamente, adatta ad avvicinare molti settori. È questa rivalutazione della logica a livello linguistico e della cultura umanistica sul piano di una conoscenza adeguata del linguaggio e delle sue leggi che si deve affiancare oggi alla necessità altrettanto inderogabile di potenziare le discipline scientifiche e tecniche nella Scuola italiana. L’umanità, come è visibile a tutti, ha fatto molti progressi, straordinari se comparati con i livelli comportamentali – detto in senso lato – prodotti nella più remota preistoria, e proprio per questo non è sempre facile o immediato e spontaneo adeguare l’educazione della specie umana ai livelli comportamentali raggiunti nelle più avanzate visioni del mondo e spesso comportamenti arcaici di prepotenza e sopraffazione del più debole sono ancora in auge senza che nessuno faccia nulla di concreto per indebolirli. Non è più il tempo di pensare ad una istruzione privilegiata per le varie élite di turno, è tempo di pensare a formare le masse diversamente da quanto si è fatto finora e si continua a fare. Un’azione educativa massiccia e rinnovata per tutti può fare molto per la società umana oltre che per i singoli individui e comunque senza di essa nulla può cambiare in meglio. È l’apprendimento che può produrre progresso sia dal punto di vista logico che morale ed è su un tale apprendimento che bisogna puntare. Io credo che l’Italia, per quanto possa apparire assurdo vista la corruzione dilagante a tutti i livelli nella società italiana, possa fare molto in questo ambito. Proprio per la corruzione estrema che connota la società italiana l’Italia può sentire più forte di altri Paesi la spinta al rinnovamento. E per altro, l’Italia non è solo il Paese della più triste Controriforma o il Paese che non ha vissuto di fatto un Illuminismo di stampo inglese, americano o francese, l’Italia è anche il Paese dell’Umanesimo e del Rinascimento, movimenti i cui concetti fondamentali di diritto all’intelligenza, alla libertà di pensiero e di azione, sono stati, stanno e staranno ancora e sempre alla base di tutte le grandi Rivoluzioni, e credo che una Riforma dell’Istruzione italiana se lo possa e se lo debba ricordare.

Rita Mascialino

Vedi anche

Indice

Il rimaneggiamento e la riforma nell’Istruzione

Informazione e formazione nell’Istruzione

Prospettive generali per una Riforma dell’Istruzione

Opere citate