Un tram che si chiama Desiderio di Elia Kazan di Rita Mascialino

Un tram che si chiama Desiderio di Elia Kazan di Rita Mascialino

Category: Argomentazioni in Primo Piano,

LA SETTIMA ARTE, Rubrica di Critica Cinematografica a cura di Rita Mascialino in  'Lunigiana Dantesca', CLSD Centro Lunigianese di Studi Danteschi

 Un tram che si chiama Desiderio di Elia Kazan

di Rita Mascialino

Il film A Streetcar Named Desire (1951) del regista Elia Kazan, pseudonimo di Elias Kazancioğlu (Istanbul 1909-New York 2003), Un tram che si chiama Desiderio nella versione italiana, è la trasposizione nell’adattamento cinematografico in bianco e nero del dramma teatrale in undici scene di un atto unico dall’omonimo titolo (1947) del grande drammaturgo americano Tennessee Williams (Columbus 1911 New York 1983), dramma su cui appunto si basa il film.
Il DVD che ha funto da testo per questa analisi è quello del 2000 che si riferisce all’originale del 1951 provvisto di tagli secondo le revisioni della sceneggiatura attuate per timori di Kazan per la censura e per il bon ton borghese. Non viene qui presa in considerazione la pellicola restaurata dopo alcuni decenni dalla Warner Brothers fornita dei quattro minuti relativi alle parti tagliate nel 1951 e ritrovate per caso presso la Compagnia di Produzione americana Lorimar, acquistata dalla Warner Bros. Al restauro comprensivo dei minuti che erano stati tagliati nella versione originale del film non partecipò Kazan (it.wikipedia.org/wiki/Un_tram_che_si_chi ama_desiderio_film_1951).
Il film ha un impatto iconico generale piuttosto oppressivo in un bianco e nero che dà ai luoghi e spesso alle persone significativamente una qualità di scarso splendore, ciò che corrisponde agli ambienti degradati e alle persone stesse adatte agli ambienti. Emerge al proposito il chiaroscuro che evidenzia la miseria della camera da letto che mostra Eunice mentre si sveglia per vedere che ore sono e per cercare il marito non ancora rientrato malgrado sia notte tarda. Per il resto prevalgono i chiaroscuri non a forti contrasti di luce e buio, ma adatti ad esprimere la penombra a tinte sfumate preferita da Blanche sia perché essa non vuole esporre la propria età non più giovanissima, sia perché non sopporta la luce piena per motivi di debolezza nervosa. Ci sono anche alcune inquadrature in piena luce, quelle in cui sua sorella Stella compare vestita di un bianco luminosissimo, quasi brilli come una stella in mezzo al degrado. Il film, con esclusione del finale diverso e opposto a quello del dramma, è piuttosto aderente al pezzo di Tennessee Williams, tenuto conto delle trasformazioni intersemiotiche inevitabili nel passaggio da un genere artistico all’altro e dei testé citati tagli finalizzati a evitare l’eventuale censura dell’epoca, nonché piccoli cambi ascrivibili alla soggettività del regista.
Oltre al finale, anche un ulteriore episodio importante del dramma fu eliminato e sostituito da altro nel film. Si tratta del riferimento all’omosessualità, accennato da Blanche molto delicatamente e piuttosto allusivamente nel dramma, comunque un tabù per il pubblico di benpensanti degli Stati Uniti e non solo. La giovanissima Blanche, nel testo teatrale di Williams e nella sceneggiatura originale dello stesso autore, sorprende Allan Grey, ragazzo anch’egli giovanissimo che essa ha da poco sposato vista la gentilezza della di lui personalità, nella camera nuziale mentre ha un rapporto erotico con un uomo più vecchio di lui al quale è legato da anni, da molto prima delle nozze. Il racconto di Blanche nel dramma è stato appunto tagliato nel film e sostituito con altro che non si riferisce più all’omosessualità del marito, ma alla sua poca risolutezza di carattere, alla sua inettitudine e scarsa mascolinità, come pure altri episodi soprattutto di tonalità sessuale sono stati in parte trasformati, smussati, ad esempio la scena dello stupro da parte di Stanley perpetrato con irrisione e malvagità ai danni di Blanche, che è ancora meno esplicita della già per altro solo larvatamente allusiva scena nell’opera di Williams.
L’allusione al rapporto omosessuale nel dramma di Tennessee Williams è molto importante soprattutto, non solo, come vedremo, per un particolare che fa di Williams un precursore della possibilità delle nozze omosessuali: il rapporto si poteva svolgere in qualsiasi luogo di Belle Reve, la grande residenza signorile della famiglia DuBois, ossia in un altro tipo di stanza, tuttavia Williams ha scelto una camera nuziale, la camera nuziale di Blanche e Allan, così che i due uomini vivessero il breve sogno di essere sposati anch’essi in un matrimonio che, pur non reale e solo simbolico, aveva come base il loro amore sincero, quindi era più valido che il matrimonio di facciata di Allan con Blanche. Un precursore dunque nell’auspicio delle nozze tra gay molto chiaramente espresso nel contesto della scelta della camera nuziale, come pure nell’associazione con lo stranissimo nome di Belle Reve dove sta la camera nuziale, come in dettaglio nel prosieguo di questa analisi critica, ciò che è andato completamente perduto nel film assieme a una grossa parte del significato complessivo del messaggio.
In ogni caso nel cambio del finale stanno accentrate le incoerenze presenti nel film le quali, per chi non conoscesse direttamente l’opera teatrale, potrebbero essere erroneamente ascritte anche al testo di Tennessee Williams che invece ne è del tutto esente e potrebbero quindi diffondere anche un falso e distorto ritratto intellettuale e artistico dell’autore. Tennessee Williams ebbe a dire, pur accettando ed elogiando il film la cui realizzazione aveva caldeggiato egli stesso, che si era trattato di un bel film rovinato dal finale hollywoodiano per nulla in tema con il suo dramma, un giudizio intelligente, garbato ma senza sconti, per chiarire: il film risulta rovinato non solo nel finale, ma nel suo insieme a causa del finale – il film non era un libero arrangiamento del dramma, ma si basava sul dramma, ciò da cui ci si sarebbe dovuto aspettare che fosse rimasto fedele almeno e soprattutto nel significato generale, ciò che non fu.
Prima di iniziare con l’analisi critica vera e propria, facciamo seguire un cenno comparativo alla trama delle due opere, teatrale e cinematografica, questo onde circostanziare la critica stessa.
L’azione si svolge a New Orleans, in Luisiana, prevalentemente nella casa in cui vivono Stella DuBois e il marito Stanley Kowalski di origine polacca, il quale si sente fieramente americano. Le due sorelle sono le uniche sopravvissute del ricco casato di antica aristocrazia francese e già proprietario di una vastissima piantagione di cotone nei pressi della cittadina di Auriol nello Stato del Mississippi, nel cosiddetto profondo Sud degli Stati Uniti, nome fittizio nel film per Laurel che sta nel dramma, un cambio dovuto anch’esso per timore di possibili rischi legali da parte di Kazan. Perduta per debiti e ipoteche non solo la piantagione, ma anche la villa di campagna intitolata Belle Reve con la ormai piccola tenuta comprensiva del cimitero in cui riposa tutta la famiglia DuBois, del casato restano in vita solo Stella e Blanche. Questa, dopo il suicidio del marito Allan Grey di cui si sente colpevole per averlo insultato – nel dramma per la scoperta della sua omosessualità dopo le nozze, nel film per la poca mascolinità –, non riesce a superare il trauma e ha relazioni con tanti giovani che le ricordano il marito deceduto tanto tragicamente e in piena gioventù. Dopo essersi fatta una pessima reputazione in un albergo malfamato a Laurel-Auriol ed essere stata espulsa dal sindaco dalla cittadina, dal proprietario dell’albergo stesso malfamato e dal preside dalla scuola per aver sedotto un ragazzo minorenne, nonché per il suo alcolismo, si trasferisce dalla sorella Stella a New Orleans, non sapendo più dove andare – tra le altre menzogne Blanche dice che il Preside le avrebbe consigliato un periodo di vacanza. Non è ben vista dal marito dal quale viene giudicata subito una donna leggera che si spaccia per la gran dama che non è o non è più. Blanche, sola e senza più la protezione della sua famiglia, del suo casato, ha un crollo di nervi dopo l’altro e continua a bere alcolici forti nella credenza di poter affrontare meglio la situazione in cui si è venuta a trovare. Secondo lei l’uomo con cui la sorella vive è un animale senza alcuna gentilezza, solo sesso, prepotenza, volontà di dominio assoluto sulla moglie e su tutti possibilmente. Stella la pensa diversamente, dice con tono orgoglioso che sarà l’unico degli amici a fare carriera. Blanche afferma di rimando che non le pare così intelligente, ma Stella è sicura che ce la farà non per l’intelligenza, ma per la sua grinta, una grinta che si deve considerare americana. In Stanley appare il mito dell’uomo americano senza tanti scrupoli, che bada soprattutto al denaro, alla vittoria, al successo, alla potenza, uomo con grinta di cui Stella al di là di qualche lamentela approva i tratti di personalità che la eccitano assieme alla per così dire bellezza fisica dell’uomo. Blanche, pur essendo alcolizzata e donna non rispettata da nessuno a Laurel-Auriol per il suo tenore di vita sregolato e poco onorevole, consiglia a Stella di non accettare le brutte maniere del marito che essa considera un uomo dell’età della pietra, un bruto, ma Stella, pur sapendo quale sia la personalità di Stanley, non ha nessuna intenzione di darle retta trovandosi bene assieme a Stanley di cui è innamoratissima. Stanley, che ha sentito in un discorso di Blanche con la moglie che cosa Blanche pensi di lui, si informa a Laurel-Auriol su di lei e viene a sapere da un amico che abita a Laurel-Auriol che tipo di vita essa conducesse. Mitch, un amico un po’ meno irascibile di Stanley, corteggia Blanche e la vorrebbe sposare, ma Stanley lo mette in guardia rivelando la verità sulla donna, così che Mitch, pur dispiacendosene, abbandona il suo proposito. Sola e disperata, Blanche viene in aggiunta violentata da Stanley che con ciò le dimostra chi comandi, chi sia lei stessa al di là di manie di grandezza dovute al ricordo del casato ricco e aristocratico ormai decaduto completamente e scomparso.
Blanche confessa a Stella l’accaduto, ma Stella non vuole crederle, tuttavia decide di farla andare via, niente meno che al manicomio. Blanche, che ha continuamente crisi di nervi, viene dunque prelevata con l’inganno da un dottore del manicomio e da un’infermiera contattati su richiesta di Stella, che nel frattempo ha partorito un bambino ed è tornata dall’ospedale. Alla fine, nel dramma, Stella si lascia consolare dal marito dopo che Blanche è portata via dal medico e dall’infermiera, ossia continua la relazione con l’uomo, più forte di quanto sia l’amore per la sorella e i trascorsi e ormai tramontati valori di raffinatezza che avevano caratterizzato la vita a Belle Reve. Nel film invece Stella si convince improvvisamente alla fine, dopo che comunque si è liberata della sorella confinandola al manicomio, del fatto che non deve accettare il carattere prepotente del marito esattamente come le diceva Blanche e lo abbandona per sempre, rifugiandosi al momento presso Eunice che abita al piano superiore al suo e non scendendo più malgrado Stanley la chiami gridando animalescamente come già altre volte – in una precedente fuga di Stella presso Eunice dopo che il marito l’aveva picchiata, Stella cede alle urla di Stanley, che evidentemente la eccitano sessualmente, e scende per le scale in atteggiamento erotico, fataleggiante addirittura, mentre Stanley si inginocchia, piangendo con il volto sul suo ventre e poi la prende in braccio e la porta a letto dove trascorreranno una felicissima notte d’amore che cancellerà del tutto in Stella le percosse ricevute da donna incinta.
Questa a grandi linee la trama sia del dramma, sia del film.
Venendo all’analisi, in cui verranno trattati i temi fondamentali del dramma e del film e in cui verranno esplicitate soprattutto le differenze rilevanti fra dramma e film comunque anche qualche uguaglianza, l’opera di Tennessee Williams risulta giocarsi principalmente su due piani, uno realistico e pertanto semplice anche se articolato in più temi e l’altro polisemico e profondamente simbolico su più piani condensati uno nell’altro, come verrà messo in evidenza, polisemia che il film trascina in linea generale con sé producendo, soprattutto grazie al finale diverso, incoerenze non lievi, di cui Kazan molto verosimilmente non si è accorto. Di fatto, se se ne fosse accorto, avrebbe fatto in modo di evitarle, inserendo modularmente ulteriori e opportuni cambiamenti per salvare il significato del suo film che comunque era già diverso dal significato del dramma, ma almeno non sarebbe stato illogico, ciò che non ha fatto.
Iniziando propriamente l’analisi, molto importanti ai fini del messaggio di Williams sono i nomi dei personaggi principali. Di solito nelle opere letterarie, teatrali, cinematografiche i nomi dei personaggi non hanno particolare significato, ossia non sono frutto di una scelta semantica da parte dell’autore, solo in grandi opere accade che alcuni nomi siano rilevanti sotto l’aspetto del significato. Nel dramma di Tennessee Williams i nomi dei personaggi principali danno addirittura lo schema semantico più originario a monte del complesso messaggio ideato dall’autore. Tali nomi sono rimasti invariati nel film di Kazan anche se, per così dire, alcuni di essi non possono significare più niente nel nuovo assetto semantico del film.
Per altro, sempre in tema di nomi e dei loro possibili significati, Williams cambiò il proprio nome Thomas Lanier nello pseudonimo di Tennessee in onore non solo del profondo Sud degli Stati Uniti e dei valori tradizionali cui guardava con nostalgia, ma anche in onore della patria del blues come è considerato storicamente appunto il Tennessee – il blue piano diffonde le sue note come Leitmotiv nel dramma e si sente qui e là anche nel commento musicale di Alex North di cui più avanti, ossia Williams scelse per sé un nome geografico perché dotato di una simbologia a lui confacente. Con ciò dimostrò anche di non volere i nomi che gli avevano assegnato i genitori, ciò da cui si può ipotizzare un suo difficile rapporto con essi, specialmente con il padre – nel suo dramma è soprattutto il maschio che viene presentato spesso come violento e prepotente. Dimostrò in ogni caso, scegliendo un altro nome, di dare particolare importanza alla possibile simbologia dei nomi quali espressione dell’identità dei loro portatori.
L’analisi pertanto si snoderà sul percorso-guida segnato dai nomi dei personaggi principali e dalla loro più che mai straordinaria simbologia.
Cominciamo con il nome di Allan Grey, marito di Blanche morto suicida. Grey come grigio, né bianco, né nero, ossia, in senso metaforico nel contesto sessuale in cui si pone la vita e la morte del personaggio, né maschio né femmina, né uomo né donna, o tutti e due fusi insieme. L’aggettivo grey significa conseguentemente in senso metaforico anche qualcuno senza carattere ed è questo che Blanche poi rinfaccerà al marito dopo la sua triste scoperta, ossia quella gentilezza che tanto le era piaciuta in un maschio diventa motivo di debolezza e riprovazione nel maschio omosessuale. C’è qualcosa ancora di più sottile. Come associazione non solo all’aggettivo grey, ma anche, sebbene di non immediata visibilità tuttavia concretamente possibile nel contesto, al verbo to grey, ingrigire e invecchiare, si mostra un collegamento al concetto di vecchio e Allan sta con un uomo più vecchio di lui, unione di giovane e vecchio come evenienza di rapporti umani non giudicata negativamente in questo caso: Allan sta bene con il suo compagno più vecchio in cui trova verosimilmente una figura paterna positiva che di nuovo verosimilmente non ha avuto. Per altro i due non sono trovati da Blanche a litigare, come litigano usualmente Stella e Stanley, anche Eunice e Steve nei loro rapporti eterosessuali, bensì in una situazione amorosa, amorevole. Quanto al nome Allan, nella pronuncia americana quasi come Ellen, nome di donna, è sovrapponibile a questo per le due a e le due e. Tale nome propone la speciale doppia sessualità, uomo e donna assieme con la donna nascosta sotto il paravento ufficiale maschile, doppio genere come è simboleggiato, seppure diversamente, nel cognome Grey. Per chiarire: si tratta di un maschio che nel nome nasconde in sé la donna, che deve nasconderla perché la società non accetta la presenza di una personalità femminile nel soma maschile, di un genere femminile in seno al genere maschile e che nel cognome allude alla mistura di colori netti come il bianco e nero, contrapposizione di due opposti colori fusi in una tinta diversa che, metafora di maschile e femminile, armonizza i due opposti, nonché allude alla sua alleanza con un uomo vecchio o più vecchio di lui, più maturo – più oltre nell’analisi verrà spiegata la rilevante associazione con Belle Reve.
Per il nome di Blanche, il personaggio più importante e complesso del dramma e del film, essa, per citare il suo cognome da donna sposata, è pure stata grigia nel senso che ha avuto una vita nuziale sessualmente in senso grigio, un amore non corrisposto sul piano fisico, un matrimonio perciò noioso e deludente. Il nome di Blanche, Bianca, parla di per sé: malgrado le scelte di vita non edificanti, essa è una donna pura, Bianca appunto. È vero che si è unita a molti uomini giovani e sconosciuti, appena incontrati, ma lo ha fatto per trovare un po’ di gentilezza e per rivivere per qualche aspetto la sua vicenda con il marito che essa ha amato profondamente e del cui suicidio si sente colpevole. A proposito della sua purezza, verso la fine del dramma Blanche, relativamente al colore del suo abito, tinta non colta esattamente né da Eunice né da Stella che prende addirittura un colore per un altro, rivela con fierezza come si tratti del celebre Blu Della Robbia, noto per la sua bellezza e anche per essere diventato il tradizionale blu del manto della Madonna. Vi è a proposito della purezza relativa al nome di Blanche anche un particolare di una certa rilevanza, trattato diversamente nel dramma e nel film. In Williams Stella spande per sbadataggine una bevanda scura sull’abito bianco della sorella, così che questa si spaventa, le macchie scure comunque vengono cancellate con facilità perché sono superficiali, non sono andate in profondità, ciò che appunto si collega alla circostanza per cui Blanche rimane bianca anche con il suo passato, la cui macchia è
facilmente delebile perché solo di superficie e non riesce pertanto a rovinare, sul piano della metafora, il candore della sua anima. In Kazan l’abito è diventato rosa, per cui i riferimenti diretti al nome di Blanche non si possono più fare, anche se resta il concetto relativo alle concrete e metaforiche macchie che si possono agevolmente eliminare, circostanza che si può implicitamente riferire a Blanche anche nel film visto che si sono comunque formate sul suo vestito. Tuttavia con il cognome DuBois, considerando Bois come bosco, ossia Bianca Del Bosco, si unisce al bianco l’oscuro del bosco, come segno del destino di tramonto del casato e come tratto della personalità della donna, anelante alla purezza dei sentimenti, ma caduta nell’oscurità del metaforico bosco per ingenua fiducia negli altri, negli uomini in particolare, che le hanno teso le loro trappole illudendola con le loro menzogne d’amore per poi lasciarla dopo averla strumentalizzata per il loro piacere. La sorella stessa dice al marito, che parla male di Blanche, come essa sia stata una donna onesta, pura e fiduciosa, poi illusa e calpestata da uomini come Stanley stesso. E di fatto Blanche non è compresa nella sua ricerca di buone maniere, di eleganza, di cultura – ama le delicate poesie d’amore che le ha dedicato il marito e quelle della ottocentesca poetessa Elizabeth Barrett Browning (Durham 1906 Firenze 1861).
Venendo presa per la persona che non è per via delle apparenze, diviene una mentitrice che non dice la verità sulla propria vita perché se ne vergogna. E proprio per le apparenze che sono contro di lei Blanche non riesce a cogliere l’aiuto che le dà la sorte facendole incontrare Mitch, come si evince da un episodio molto significativo. Ad un certo punto, poco dopo aver fatto la conoscenza di Mitch, Blanche gli chiede una sigaretta e, nel dramma, si informa anche sulla marca, al che l’uomo rivela che si tratta di sigarette Lucky Strike. Accanto a eventuali motivi di sponsorizzazione pubblicitaria che non interesserebbero in ogni caso questa analisi, la scelta di Tennessee Williams per questa marca è semanticamente importante, traducendo: Lucky Strike o Colpo Fortunato, Colpo di Fortuna, e davvero i due, senza rendersene conto, si stanno scambiando nelle mani il loro destino di unione erotico-affettiva come colpo fortunato e casuale che la sorte propone loro. Non lo sanno cogliere, Blanche è demoralizzata dal suo passato, Mitch – vedi significato del suo nome più oltre – non ha il coraggio di superare i pregiudizi e pertanto la preziosa carta che hanno in mano, e che non riavranno mai più, viene sprecata. Nel film non è riportato l’episodio relativo alla esplicitazione della marca di sigarette, per cui va persa una parte semantica importantissima. In altri termini: per cogliere l’aiuto della fortuna occorre coraggio, questo è il messaggio che vale in tutto il dramma e non nel film, anche per via del finale diverso, come vedremo in maggiore dettaglio. Dopo che Blanche ha chiesto dunque di sapere che marca hanno le sigarette e che Mitch glielo ha detto, Mitch gliele porge in un elegante portasigarette d’argento donatogli da una donna che stava per morire. L’annunciato colpo di fortuna viene porto nel portasigarette d’argento, come su un piatto d’argento, il quale racchiude due opportunità. Nel portasigarette non c’è solo la potente chance, la carta vincente, c’è anche un’incisione relativa a un paio di versi tratti dal Sonetto 43 di Elizabeth Browning noto a Blanche e suo preferito. Nella citazione si parla di un amore eterno, perdurante, a Dio piacendo, anche dopo la morte stessa nella vita dell’al di là, come è nella natura degli affetti più veri che sono assoluti e vogliono eternità. Ma per avere l’opportunità straordinaria occorre saper giocare la carta e nessuno dei due la sa giocare per vincere, la chance che avrebbe cambiato il destino di entrambi i personaggi viene sprecata, così come si è presentata sul piatto d’argento, così svanisce nel fumo della sigaretta di Blanche. Un tocco d’arte da maestro di Tennessee Williams sul tema delle opportunità che la vita offre nell’ambito dell’amore che, unico fra tutte le opportunità esistenziali, si può accompagnare alla speranza di una vita eterna che possa continuare l’esperienza terrena, questo in una evidenziazione all’ingrandimento dell’importanza che l’amore sincero e corrisposto può avere per salvare l’umanità dalla barbarie – vedi l’inferno che vivono Stanley, Stella e gli amici, che hanno qualche momento di gioia per il sesso, ma realisticamente null’altro. Il tema della morte e della possibile prosecuzione della vita nell’al di là è un Leitmotiv importante nella personalità di Blanche, nella quale c’è un anelito di vita migliore post mortem nel bellissimo cielo – notturno – che essa vorrebbe raggiungere su un razzo per non tornare mai più sulla Terra; inoltre è ancora lei che percorre il viaggio in tram dal Desiderio ai Cimiteri e ai Campi Elisi. In questo personaggio è espressa la speranza di una vita più bella dopo la morte, ossia Blanche ama la vita eterna, perché la immagina o la può immaginare più bella di quella che ha sulla Terra e in grado di racchiudere i suoi sogni affettivi senza che vi sia lo scontro – o la prova del nove – con il reale nella sua materialità. L’al di là di Blanche, più che un fatto di fede religiosa, di cui c’è nel dramma solo l’accenno alla volontà di Dio, se Dio vorrà come recita l’incisione, niente di sicuro quindi, è nella sua sostanza un sogno di bellezza – Blanche ama l’arte, la poesia, la letteratura che sono frutto appunto di immaginazione senza avere bisogno di un riscontro concreto con la realtà del quotidiano. Blanche quindi non ama la morte, ma solo il possibile post mortem. Essa di conseguenza si spaventa quando una più che mai sinistra vecchia vestita di nero si rivolge lugubremente a lei per venderle i fiori dei morti, si spaventa e rifugge dalla brutta visione che non è d’amore e di vita eterna nella bellezza, bensì solo di morte: i fiori della morte hanno a che fare con i cimiteri, con le tombe che in Blanche evocano tristissimi ricor-
di e che sono l’emblema della fine della vita. La speciale vecchia offre i suoi funebri fiori per le strade della città, a tutti quanti come in un richiamo di morte, così da assumere la funzione nel dramma e anche nel film, dove pure compare, di memento mori, di voce del più tragico e triste destino umano. Blanche non è riuscita a realizzare il colpo di fortuna andato in fumo e per cogliere il quale sarebbe stata necessaria la partecipazione di Mitch – che Blanche paragonerà in seguito alla morte stessa vicino a lei, perché è lui che fa morire il suo sogno di affetto, di amore eterno, di vita eterna – e allora le restano solo i fiori più tristi dai quali essa rifugge con terrore, così come è attratta dal post mortem inteso come vita eterna: la fortuna si presenta nel piatto d’argento per poi ricomparire spogliata della promessa di eternità nei fiori mortuari di latta adatti alle tombe nei cimiteri, fiori per i morti appunto.
Quanto alla gentilezza che tanto piace a Blanche, nel sonetto numero 14 della Browning, che non viene citato nel dramma e tanto meno nel film, si parla anche proprio della gentilezza, che tuttavia la poetessa giudica come qualcosa che può decadere e svanire con il tempo, come qualcosa di non duraturo e implicitamente non sincero e pertanto senza grande valore, concetto della gentilezza che è presente nelle costanti attese di Blanche, appassionata lettrice della Browning, come desiderio di gentilezza negli uomini con la conseguente illusione e delusione. Da ciò la Browning mette in guardia le donne ben sapendo quanto valore abbia per esse l’apparenza galante, appunto gentile, ed è quanto è successo a Blanche, ingannata da comportamenti iniziali gentili che non hanno avuto seguito o che sono comunque stati un inganno – anche il marito omosessuale, che pure scriveva poesie d’amore per lei, l’ha sposata senza poterla amare propriamente e soprattutto per avere una copertura sociale della sua omosessualità, quindi ha anch’esso ingannato e molto fortemente Blanche. Al proposito, in un dialogo tra Blanche e Mitch, essa confessa in lingua francese, che l’uomo non conosce, di essere La dame aux camélias (1848), la signora dalle camelie, come nel dramma di Alexandre Dumas figlio (Parigi 1824-Marly-le-Roi 1895), ossia una prostituta certo, ma molto speciale, dotata di un cuore puro simboleggiato dalla camelia non dall’uso che ne fa Margherita Gautier, ma dal metaforico bianco del fiore, colore che rientra implicitamente nel caso di Blanche in associazione al metaforico cuore candido della stessa e al suo nome. Bianca nell’occasione dice la verità su di sé anche se nascostamente, letterariamente, ma la dichiara comunque perché è una mentitrice per così dire per forza, non per carattere e chiede a Mitch sempre in francese se mai voglia andare a letto con lei, non tanto come invito o non solo come invito, ma mostrando di sapere ormai che cosa possa interessare realmente gli uomini in generale, anche l’uomo Mitch, dietro la loro possibile galanteria – il Sonetto 14 della Browning ha fatto comunque scuola in Blanche anche se essa resta sempre convinta che le relazioni erotiche tra uomo e donna possano realizzarsi sul piano della gentilezza, nella cui possibilità vuole credere comunque, una credenza nella possibilità di un mondo migliore che non vuole abbandonare anche se illusorio, un mondo estetico che dà il suo tono poetico ed elegante alla vita, molto diversamente dal tipo di esistenza che conducono Stella e Stanley. Blanche confessa comunque poi apertamente la verità sui suoi incontri con uomini sconosciuti, non è una mentitrice che vuole ingannare il prossimo – la sorella conferma al marito che nessuno della sua famiglia e tanto meno Blanche hanno mai ingannato qualcuno. Blanche dice anche a Mitch che gli ha mentito con le parole, ma che nel suo cuore non gli ha mai mentito relativamente ai suoi sentimenti per lui.
Proseguendo con i nomi, Stanley è collegabile al termine staniel, piccolo falco ed epiteto spregiativo per un uomo, ma è anche collegato al germanico stan, pietra – Blanche lo definisce tra l’altro un sopravvissuto dell’età della pietra – e anche a stanstanno, che nei composti chimici sta per latta, stagno, dal latino stannum-stagnum, metallo in generale. In senso metaforico quindi un uomo insensibile come piccolo predatore di mediocre taglia, pietra e metallo di poco valore come la latta. Sul piano zodiacale Stella dichiara come il marito sia del Capricorno e Blanche dichiara che sia quindi un caprone. Quanto a Kowal, in polacco significa fabbro, Kowalski significa discendente di, o da, un fabbro, sempre in tema con metalli, viti, chiavi e simili. In una possibile e lontana, ma percettibile eco, cognome collegato a to screw, avvitare, azione consueta nel mestiere del fabbro e nel contempo metaforico termine gergale di ambito sessuale, ambito in cui Stanley è particolarmente abile, al punto che tiene soggiogata a sé la moglie proprio con tale abilità sempre fino alla fine del dramma, diversamente nel film, e userà tale sua abilità violentemente nello stupro di Blanche per sottomettere anche lei. Stanley mostra di sapere come le donne vengano sottomesse dai maschi, dalla potenza del loro sesso, come si vede dalla sua irrisione a proposito del tentativo di Eunice di denunciare il marito Steve per le ennesime percosse subite, denuncia che la donna non porta a termine. Anche a lei bastano alcune parole tenere dell’uomo relative all’amore che nutre o nutrirebbe per lei perché rinunci al proprio riscatto, ciò mentre la tiene stretta a sé e anche per non lasciarla scappare, ciò comunque attraverso un eros che passa per la fisicità.
Il nome di Eunice derivato dal greco significa Buona Vittoria o Vittoriosa. Una contraddizione con l’episodio di cui testé? No, Eunice è la persona che dice a Stella che si deve andare avanti a tutti i costi, sopportando qualsiasi sopruso per poter vivere, per cui si può vedere un cenno di vittoria delle donne in questo nome, una vittoria al prezzo della sconfitta più atroce: la sottomissione.
Anche Mitch, abbreviazione dal suo cognome Mitchell di cui tralasciamo il significato perché ritenuto non rilevante nel contesto, ha un significato che ne esprime la personalità: è riferito al verbo to mitch, ritirarsi e di fatto Mitch non ha il coraggio di cogliere il colpo di fortuna – vedi episodio delle sigarette di cui sopra – e di sposare Blanche, sebbene gli piaccia, bensì si ritira, dando poi la colpa a Stanley di averla fatta impazzire violentandola, mentre è lui stesso che si è ritirato, pur comprensibilmente, anche offendendola, dicendole, dopo avere appreso i suoi trascorsi, che non la poteva sposare perché secondo lui non era degna di entrare nella casa dove stava sua madre e causandole con ciò la più grande umiliazione. Per altro avrebbe voluto anche lui possederla fisicamente usando la forza e spinto dal medesimo disprezzo che ispirerà Stanley nello stupro. Mitch è più gentile di Stanley, ma in tema con il Sonetto 14 della Browning la sua gentilezza è comunque più di superficie che di sostanza o almeno non è sufficiente a farlo andare avanti nel rapporto con Blanche. Il suo nome Harold, di derivazione germanica, significa capo dell’esercito, un capo che, unito a to mitch, ritirarsi, fugge in ritirata vilmente nascondendosi – gli amici di Mitch lo prendono in giro proprio per la sua sottomissione alla madre e incapacità di decidere autonomamente della sua vita. Occorre sottolineare comunque che Mitch abbandona il suo progetto nuziale con Blanche non perché la madre glielo proibisca, ma perché Stanley gli rivela il passato della donna, che lui non riesce ad accettare soprattutto perché Blanche gli ha mentito, non gli ha detto la verità su di sé tranne che in francese, per dire e non dire, per dire e per non farsi comunque capire, anche se poi Blanche confessa apertamente la verità della sua vita. In altri termini: è la denuncia di Stanley e l’incapacità di Mitch di superare l’impasse che gli fanno rifiutare la relazione con Blanche.
Al proposito Stanley dice a Mitch in un violento scontro che gli ha solo voluto aprire gli occhi e Mitch risponde che nessuno glielo aveva mai chiesto. Queste due battute del dialogo o della lite fra i due maschi esplicita inequivocabilmente come Mitch avrebbe preferito non sapere nulla, avrebbe preferito non aprire gli occhi e avere così una possibile felicità, il suo colpo di fortuna con Blanche, tema questo inerente al rapporto tra realtà e illusione che sta al centro più profondo del dramma di Tennessee Williams. Per chiarire ancora: ad un certo punto Mitch poco dopo averla conosciuta, rispondendo a Blanche che teme si venga a sapere del suo passato, afferma che essa gli piace così com’è, frase che allude implicitamente al fatto che Mitch possa avere inconsciamente intuito il tipo di donna, ma che appunto non voglia approfondire, questo per darsi una chance realizzabile proprio con Blanche, una donna capace di dare molto con la sua sensibilità ad un uomo, come dirà essa stessa verso la fine parlando con Stanley che la irride essendo uomo solo concreto, appunto realistico. Blanche crede nella positività dei sogni – è come anticipato un’appassionata di poesia, di arte –, che rivelano ciò che l’umanità vorrebbe essere e non riesce ad essere a causa delle circostanze sfavorevoli, crede nella positività della magia propria dell’immaginazione in cui la verità più profonda delle persone, del loro cuore può emergere diversamente che nel reale, spesso brutale nella sua concretezza. Come sappiamo essa dice anche che ha mentito a Mitch per nascondere la realtà del suo degrado, ma che nel suo cuore non gli ha mai mentito e il cuore, come si apprende da Blanche e da nessun altro personaggio del dramma e neanche del film, dice la verità. Anche Stanley ha un cuore: di pietra, da piccolo falco, di metallo scadente, di colui che usa il sesso non solo per il proprio piacere, ma per sottomettere la donna, come nel suo nome e cognome, sintesi della sua personalità come più sopra accennato, questa è appunto la sua più verace per quanto schematica verità. Anche Mitch ha un cuore: un cuore più gentile di Stanley, ma non coraggioso, debole, in parte anche vile, come abbiamo visto.
Stella DuBois Kowalski, la sorella di Blanche, ha un nome che propone splendore. Si tratta di uno splendore notturno, a sole tramontato, di potenza molto minore rispetto a quella dei raggi solari, questo, nello specifico contesto, in un raffronto metaforico tra il femminile e il maschile, in seno al quale il femminile splende con minore energia e in tal senso mostra la sua collocazione non dominante nel rapporto uomo-donna ed in effetti Stella, nell’opera di Williams, è assoggettata alla maggiore potenza del marito, del maschio. Il nome Stella suggerisce anche l’associazione a uno degli epiteti della Madonna, sottilmente ironico per la donna in questione, molto diversamente dai collegamenti alla purezza e al Blu Della Robbia in Blanche, come abbiamo visto. Anche la Madonna stessa comunque splende in tono minore rispetto alla più potente luce divina, come narra la tradizione religiosa, dove il femminile, pur celebrato nella sua grandezza come nella madre di Cristo, non uguaglia la potenza della divinità. Quanto al cognome DuBois, esso ripropone la cupezza del bosco in parte come per la sorella, riguardando precipuamente il casato destinato all’oscurità, al tramonto, in parte riguardante la caduta di Stella non con sconosciuti come Blanche, ma comunque con un uomo del genere di Stanley, uomo primitivo, non evoluto culturalmente. Arriviamo ora alla molto importante e più che complessa e straordinaria simbologia racchiusa nel nome di Belle Reve, simbologia che funge da insieme maggiore per così dire, da grande ombrello metaforico capace di includere gli altri sottoinsiemi relativi ai nomi dei personaggi principali, quindi al messaggio a monte – o al cuore – del dramma, simbologia che è un piccolo gioiello della natura artistica di Tennessee Williams. Il nome si mantiene nel film, come pure gli altri nomi, ma in questo, come anticipato, hanno perso quasi sempre la loro funzione di sintesi del significato del dramma e di conseguenza del film. Si tratta di un nome piuttosto strano, perché mostra un aggettivo femminile francese, belle, bella, unito a un nome pure francese, rêve, sogno, che in tale lingua però è maschile – lasciamo stare le libere interpretazioni per tale nome che allontanano la comprensione del termine per come l’ha inserito nel dramma Tennessee Williams. Conferma, come vedremo, la presenza del particolare significato metaforico di tale nome il fatto che esso sia espresso in francese, dove sono differenziati i femminili dai maschili, cosa che non si sarebbe potuta verificare in inglese, dove gli aggettivi restano invariati per qualsiasi genere, ad esempio Beautiful Dream o Fine Dream, Bel Sogno, dove si sarebbe perso il significato che ha voluto l’autore scegliendo una forma che differenziasse l’aggettivo femminile dal sostantivo maschile, traducendo in italiano, lingua che differenzia in generale il maschile dal femminile negli aggettivi: Bella Sogno, lingua, tra le altre possibili, capace di riproporre il progetto semantico di Tennessee Williams al proposito. Lo strano accoppiamento è stato notato dai critici senza che del rebus sia stata data una soluzione. In questa analisi emerge in piena evidenza – si fa per dire – come sia proprio l’unione di femminile e maschile quanto Tennessee Williams ha voluto comunicare, ciò espresso tanto chiaramente in primo piano nell’unione di un aggettivo femminile ad un sostantivo maschile che, come talora accade con le cose troppo evidenti, non è stato visto da nessuno, quasi un po’ come il cosiddetto uovo di Colombo. In ogni caso, per capire questo uovo di Colombo sarebbe stato utile avere capito anche altro, ad esempio il significato relativo al nome di Allan Grey: così come Allan Grey, più sopra, è frutto di un’unione di maschile e femminile con tutti i dettagli rilevati, così Belle Reve rappresenta il sogno dell’unione tra e di femminile e maschile, un’unione che resta collegata al solo sogno, non alla realtà, similmente come nel nome Allan Grey. In altri termini: in questa analisi Belle Reve risulta essere il nome che unisce in modo lampante, solo nel sogno, in Tennessee Williams – quanto mai profondo elaboratore di complesse simbologie nelle sue opere – il maschile e il femminile in due nomi, un aggettivo e un sostantivo legati da una sgrammaticatura, da un solecismo, come da qualcosa che non possa stare, come fra poco verrà spiegato. È presente in tale nome una doppia simbologia: la nostalgia, il sogno ormai irrealizzabile per la realtà tramontata di un Sud culturale dall’aristocratico sentire – non dimentichiamo che Belle Reve è e resta in primo luogo il nome della concreta e ormai perduta piantagione e casa dei DuBois – e il desiderio e il sogno di una realtà di legittimazione dell’omosessualità – come è noto, Tennessee Williams era omosessuale.
Davvero un tocco artistico straordinario quello della fusione di significati tanto complessi in Belle Reve che, ribadiamo, simboleggia sia il sogno nostalgico di un Sud non più esistente come nell’impostazione trascorsa, sia il sogno ancora da realizzarsi, da accettarsi, di un’unione di maschile e femminile in un’unica persona e personalità, anche nell’unione di due persone dello stesso sesso che si amino. Dello stesso sesso e non di sessi opposti, in quanto le unioni eterosessuali non appartenevano all’area del sogno, avendo esse già da sempre la loro legittimazione sociale e legale. Il fatto che la grammatica strida è allora, nel contesto sessuale, metafora della non legittimazione in questione e anche l’effetto dell’omosessualità sui perbenisti, qualcosa che urtava e offendeva la sensibilità di tanta gente che al massimo poteva accettare l’omosessuale che si nascondeva, che fingeva di essere eterosessuale, ossia che non si mostrava allo scoperto, da cui lo stridere dell’accennata unione impossibile. Di fatto all’epoca l’argomento dell’omosessualità era evitato e comunque rifiutato socialmente e culturalmente: il marito omosessuale di Blanche si suicida, l’amico omosessuale del marito della Gatta sul tetto che scotta si suicida pure. In altri termini: si vedano al proposito i matrimoni di copertura dei due mariti omosessuali, Allan Grey nel film A Streetcar Named Desire e Brick Pollitt nel film Cat on a Hot Tin Roof (1958), film sempre basati su corrispondenti drammi di Tennessee Williams.
In quest’ultimo dramma e film la donna che sposa per interesse, per un accordo, un uomo che non la può desiderare è presentata molto duramente nella sua squallida realtà. Ad un certo punto Paul Newman, nelle vesti di Brick, dice a Maggie, interpretata da Elizabeth Taylor, che si sente imbarazzato per lei, che ha accettato per interessi economici di sposarlo sapendo che non poteva sperare altro che il denaro e l’alta posizione sociale da un tale assurdo matrimonio senza amore viste le tendenze dell’uomo, imbarazzato per come tale donna possa improvvisamente pensare di avere un figlio da un tale uomo – anche in questo film furono tagliate e trasformate per timore della censura parti importanti, tagli che rendono l’opera piuttosto incoerente anche se di grande successo per gli attori noti e bravissimi nei ruoli.
Blanche comunque, al contrario, non sapeva nulla delle tendenze di Allan e si era lasciata ingannare al proposito anche per via della giovanissima età e inesperienza. Quanto alla testé accennata rappresentazione delle donne, anche nel Tram che si chiama Desiderio esse non fanno una bellissima figura, Eunice compresa, come più sopra accennato.
Alla malinconia per il passato che non è più e anche a quella delle donne costrette a vivere entro tali coordinate violente si riferisce il blue piano che interviene spesso, sommesso o a volume e ritmo più importanti, a chiusura o apertura di diverse scene del dramma o all’interno di singole scene, anche come parte del commento musicale qui e là nel film, un piano-
forte che si fa sentire come emblema dell’atmosfera di New Orleans, il blues, famoso prodotto musicale afro-americano.
A proposito del popolo dei neri, nel dramma si legge di mani nere che suonano il blu piano e nel film si vedono orchestrine di neri e bianchi che sono in felice armonia, incontrano musicisti neri e bianchi che suonano in armonia blues e swing, in ogni caso la convivenza a New Orleans tra le due culture appare lieta e pacifica, ossia non vi sono accenni a situazioni di razzismo, come a mostrare che l’arte sia lo strumento e il cemento di unificazione, di cooperazione pacifica e creativa tra i popoli.
Quanto al significato di blue piano: blue nel senso di malinconico riferito all’esistenza degli afroamericani e delle donne, parti sociali depresse, ma anche, nell’eco di un modo di dire parallelamente esistente nel linguaggio, collegato a una sessualità volgare, ciò che si adatta perfettamente alla qualità della visione del mondo di Stanley, dei suoi amici, anche delle loro donne che accettano volenti o nolenti la sottomissione, uomini che non di rado nel pezzo teatrale come nel film vengono definiti dalle donne, tra l’altro, animali, porci, bruti, primitivi, volgari. Le donne tuttavia nel dramma come nel film non riescono a educare in qualche modo i loro uomini malgrado la loro funzione precipua sia da sempre quella di grandi educatrici, dunque si tratta di donne che falliscono nel loro ruolo, solo resistono nello stare con i loro uomini sopportandone tutte le angherie, stando ai loro ordini e dicendo qui e là qualche improperio a buon mercato che gli uomini neanche ascoltano, questo, ribadendo, senza che le donne possano avere un influsso positivo qualsiasi sui loro uomini, dimentiche della loro precipua funzione naturale di educatrici e capaci solo di sopportare per la propria sopravvivenza. Stanley non accetta interventi di Stella che gli paiono essere ordini, sebbene siano solo consigli o incitamenti elargiti con un po’ di energia e per consuetudine linguistica più che ordini veri e propri.
Significativa a proposito della diversa posizione degli uomini e delle donne nella società è anche la furia che coglie Stanley quando Stella a cena in presenza di Blanche gli dice un po’ innervosita per il modo in cui mangia sporcandosi tutto di aiutarla a sparecchiare e lui, furibondo, spacca il piatto a terra e butta una stoviglia contro il muro affermando che è così che lui sparecchia la tavola, questo in qualità di persona che può permettersi di agire come preferisce non temendo la ritorsione delle donne più deboli. E non accetta neanche che le donne abbiano la libertà di sentire un po’ di musica alla radio, ciò che addirittura Steve vorrebbe invece consentire. Quando Blanche accende la radio e sente un po’ di musica, mentre Stanley gioca rumorosamente a poker con gli amici e beve assieme a loro, seccato le urla di spegnere, lei non obbedisce e lui va da lei irato e spegne, guardandola minacciosamente. Più tardi, in presenza della sorella e di Mitch, Blanche accende nuovamente la radio e fa qualche passo di elegante danza cui si unisce un po’ goffamente Mitch, ciò in un momento di semplice contentezza, ma sale di nuovo Stanley che non sopporta di non essere obbedito dalle donne, afferra la radio e la scaraventa fuori dalla finestra senza neanche aprirla e rompendone direttamente il vetro nell’azione furiosa. Stella non è riuscita a fermarlo e lo insulta, poi caccia via anche gli amici che lo aspettano per continuare a giocare a carte e allora Stanley la picchia. Nel dramma come nel film non ci sono mai rapporti tra maschio e femmina improntati alla pace, alla serenità, al volersi bene reciprocamente: le donne subiscono uomini dediti al gioco, all’alcol, alle urla, subiscono di essere picchiate. Nel dramma, indirettamente, vediamo al contrario come il rapporto fra Allan e l’amico più vecchio sia invece tranquillo, ossia sia un rapporto d’amore, non di odio o di sopraffazione: i due si amano e basta, non litigano, non gridano, non si picchiano, così per come sono presentati nelle scarne parole di Blanche nel dramma, che non narrano di violenze, ma di relazione amorosa.
Il piano del sesso è quello che rende coesa la relazione qualunque essa sia, questo nel dramma di Williams, che ne ha evidenziato l’importanza nel positivo e nel negativo in un’epoca dove l’argomento del sesso nei film veniva gestito non proprio realisticamente, ma poittosto letterariamente, in linea di massima secondo stereotipi del bon ton. Blanche stessa, nella sua ricerca di ritrovare in qualche modo il marito nei giovani uomini che contatta, è comunque vittima dell’attrazione verso la sessualità maschile e anche Stanley le piace fisicamente, per altro è un bel ragazzo, salvo a rifiutarne del tutto il realismo violento, diversamente dalla sorella. Quando sta per essere violentata da Stanley, attua una difesa estrema rompendo una bottiglia e minacciando con il collo di vetro spezzato di sfigurargli il volto, ossia di rompergli la faccia, ciò cui il maschio risponde deridendola ed eccitandosi della sua inutile ritrosia, chiamandola tigre e divertendosi nella dispari lotta. Dirà allora a Blanche che essa stessa lo voleva, ossia che voleva essere posseduta da lui sin dal primo momento in cui si erano incontrati nella casa sua e di Stella, la tipica scusa da sempre addotta da tutti gli stupratori. Blanche, senz’altro un po’ attratta da Stanley al suo arrivo, non ha mai voluto essere violentata da nessuno e tanto meno da lui, cercando essa nell’uomo la gentilezza, non un arcaico stallone. Tanto è vero che ha sposato un ragazzo omosessuale – senza capire come stessero le cose data la sua età del tutto adolescenziale –, attratta e conquistata dal fatto che scrivesse poesie per lei, dalle sue buone maniere, diremo noi: da uno spirito meno maschile nel senso di meno imperativo, meno prepotente. Blanche dice alla sorella che gli uomini della pietra, i bruti come Stanley sono ormai superati, che ci sono modi diversi di vivere la mascolinità in quanto la cultura, l’arte hanno ammorbidito almeno in parte gli animi, esiste la gentilezza, ma Stella, da femmina arcaica, è attratta proprio dalle coordinate tradizionali in cui si realizza la sessualità maschile e per le quali è dominata dall’uomo, non volendo cambiare, così nel dramma e nel film fino al finale. Ancora un esempio: giunge a casa di Stella un giovane per l’abbonamento a un giornale e Blanche lo trattiene facendosi accendere una sigaretta. Il giovane dice che il suo accendino non sempre funziona, ma dopo qualche tentativo riesce ad accenderlo vistosamente, una molto evidente metafora per il sesso maschile, nello specifico non da macho, ma da uomo per così dire gentile, non violento, comunque maschile, così come appare nel comportamento e nella fiamma alta dell’accendino. Blanche quindi lo bacia sulla bocca molto dolcemente, così come essa intende l’amore fra i due sessi, gentile. Il giovane allora vorrebbe proseguire nel baciarla, ma, essa rifiutando, lui non insiste, ossia rispetta la volontà della donna.
Tutto il film, tranne che nel finale, e tutto il dramma mostrano come le donne nulla possano contro la violenza e il dominio maschile e come esse accettino quasi come una necessità la violenza, per dimenticare la quale bastano poche parole dolci dei loro uomini, soggiogate come sono soprattutto dal sesso. Come anticipato più sopra, Eunice stessa, l’amica di Stella che abita al piano superiore e che vuole denunciare il marito per le percosse subite per l’ennesima volta, esce di casa correndo e decisa ad andare dalla polizia. A questo punto Stella chiede a Stanley che sta entrando se sia veramente andata dalla polizia e Stanley le risponde che non ci è andata e che è andata all’osteria a bersi un bicchiere, glielo dice ridendo, senza nessuna paura di denunce da parte di Eunice, né di donne qualsiasi, non prendendo sul serio le loro proteste. E Stella è contenta che l’amica non sia andata dalla polizia, che lo status quo domini ancora, ossia che se le sia prese ancora una volta e non si ribelli, Stella accetta essa stessa la violenza maschile da cui in certo qual modo si sente eroticamente attratta nel dramma e in tutto il film tranne che nel finale. Quando Steve esce di corsa imbestialito in cerca della moglie temendo che sia davvero andata a denunciarlo, Stanley rassicura anche lui dicendogli che è andata all’osteria. Si vede poi Steve che torna a casa con la moglie, tenendola strettamente abbracciata e assicurandole che fra tutte le donne che può avere è a lei che vuole bene, è lei che ama ed Eunice torna a casa sottomessa e contenta come una bambina che ha fatto la pace con il papà. Che Stanley pianga e si dispiaccia sinceramente di aver picchiato Stella ottenebrato dai fumi dell’alcol, non toglie che l’abbia picchiata e che possa farlo ancora visto che beve costantemente e a gola larga. Questa è la rappresentazione molto realistica della condizione della donna nella prima metà del Novecento per come è descritta nel dramma e ugualmente nel film.
Personaggio più importante del dramma e nel film, come anticipato, è Blanche. Essa rappresenta la donna che sì è rimasta ancorata nel fondo del suo cuore a stili di vita che sono tramontati, meno realistici di quelli attuali, ma, come pare dal messaggio di Tennessee Williams, non sempre ciò che tramonta deve essere negativo. È proprio essa che dice molto significativamente a Stella che è essa ad essere rimasta legata a stili di vita maschile dell’età della pietra, che non hanno visto il sorgere di una cultura raffinata, ossia per lei è Stella la vera donna arcaica, non evoluta, questo secondo quanto Williams mette in bocca a Blanche che dice tra l’altro a Stella in una discussione come questa non si accorga di essere peggiore di lei stessa e come abbia addirittura avuto il coraggio di avere un figlio da un uomo di quel genere. In altri termini: la persona nostalgica del passato è in realtà più progredita della più moderna Stella, del resto nei suoi studi e nella sua trascorsa professione di insegnante ha avuto a che fare con la cultura, è donna quindi avanzata, non come Stella che non è sensibile alla cultura ed è solo completamente soggiogata sessualmente dal marito, attratta non da comportamenti gentili dell’uomo, ma dalla potenza istintuale manifestata dal maschio, una sessualità dove la donna cede per così dire le armi di fronte all’uomo che la domina. Per riassumere ancora: in apparenza è Stella la donna adattata ai tempi nuovi e progrediti tanto che se n’è andata via da Belle Reve per un senso più realistico della vita, ma di fatto ha, sì, abbandonato usi e costumi di vita trascorsi, ma più raffinati, per andare a finire con un uomo brutale che comanda da capo indiscusso e indiscutibile come ai tempi più antichi o arcaici, che ritiene di essere il re nella coppia e di avere diritto all’obbedienza totale delle femmine. Blanche tramonta per il trauma subito con il suicidio del marito di cui si sente colpevole per averlo insultato e anche per questa sua vita non dignitosa, ciò che le rende la personalità più fragile, ma soprattutto però tramonta per il rifiuto di Mitch e la sua minacciata violenza come per la violenza psicofisica subita da Stanley – che non si fa scrupolo a tradire comunque la moglie mentre essa sta partorendo il loro figlio all’ospedale. Blanche tramonta in un mondo dove la gentilezza d’animo è considerata fuori luogo, qualcosa di anacronistico, da manicomio, che pare essere il luogo o ripostiglio dove debba essere tolto di mezzo ciò che viene considerato inservibile, non più adatto al reale. Tuttavia proprio tali comportamenti non più adatti al reale smascherano nella comparazione un reale fatto di volgarità e di sopraffazione che si è sostituito a quello più culturale e signorile del profondo Sud, sempre seguendo il messaggio di Tennessee Williams. È vero che Stella ha lasciato Belle Reve per essere libera di vivere la sua vita come piaceva a lei, più realisticamente, senza restare legata a un passato ormai sepolto, ma il suo desiderio di libertà altro non ha avuto come effetto che quello di vederla sottomessa a un uomo violento, al macho che la tiene legata a sé con la forza della sua istintualità, una libertà ben presto perduta a vantaggio del suo opposto: la schiavizzazione peggiore e più antica. È anche vero che Blanche, rimanendo legata a valori sintetizzabili nel concetto di gentilezza maschile – verso la cui sincerità e durata nel tempo mette in guardia la sua poetessa preferita –, sposa un omosessuale ritenendolo un uomo gentile e culturalmente sensibile. È vero inoltre che in seguito ha rapporti degradati per godere almeno di qualche momento di gentilezza anche fasulla come nell’opinione della Browning nel Sonetto non citato direttamente, ma implicitamente presente nel dramma e anche nel film. Tuttavia Blanche non rinuncia mai al suo mondo di idee neanche nel finale, rimanendo coerente ad oltranza con la sua Weltanschauung raffinata e ispirata a rapporti eterosessuali gentili, come essa intende l’amore, così che reagisce immediatamente alla gentilezza dimostrata dal medico che la deve condurre al manicomio, un uomo capace di capire la sua personalità e che dà l’ordine all’infermiera, dura e insensibile, di non mettere la camicia di forza a Blanche e di non tenerla forzatamente nell’immobilità con la sua presa. Blanche allora si alza da terra fidandosi della mano gentile dell’uomo e mentre esce al suo braccio guarda solo lui in modo grato, evitando di rivolgere il suo sguardo alla sorella, agli altri che l’hanno tanto maltrattata, lasciandosi alle spalle il loro mondo così violento, primitivo e dicendo la frase molto significativa, secondo la quale essa ha potuto contare sempre sulla gentilezza degli estranei, chiarendo: non dei familiari. Frase molto rilevante semanticamente la quale redime definitivamente Blanche dai suoi tanti incontri brevi con giovani uomini, non cercati per il sesso, ma cercati precipuamente per un rapporto fatto di buona disposizione, di bellezza dell’amore, appunto di gentilezza. Gentilezza che svanisce presto, ma che per Blanche vale la pena di ricercare e se possibile di coltivare. Il fatto che si riferisca implicitamente in modo negativo ai genitori, alla sorella e altri, non ha bisogno di essere spiegato: i genitori hanno sperperato il patrimonio come gli avi, Stella la fa finire proditoriamente al manicomio. Una ulteriore breve nota: Blanche guarda amorevolmente e grata lo psichiatra che è un uomo vecchio e per nulla bello, ma gentile, ciò che evidenzia ancora maggiormente come Blanche sia sensibile alla personalità dell’uomo, non ai caratteri esteriori come al contrario Stella che all’inizio del film le mostra con orgoglio ed eccitazione erotica il marito giovane, bello e gagliardo.
Arriviamo in dettaglio dapprima al finale del dramma, poi a quello del film.
Dopo la violenza ai danni di Blanche e la sua rivelazione alla sorella di ciò che abbia dovuto subire da Stanley, Stella decide con l’inganno, senza dirlo alla sorella, di farla portare via al manicomio, da cui non uscirà più – non è una decisione di Stanley, è una sua decisione come essa stessa esplicitamente afferma, gli amici stessi di Stanley non approvano un tale inganno, ossia sono più umani della moglie di Stanley. Stella non è felice di questa decisione, sa di non agire per il meglio della sorella, ma non vuole che la sorella dopo l’infausto evento resti nella casa sua e del marito, conviva ulteriormente con loro. Quando Blanche è partita, il marito, che sostiene Stella in questa circostanza spiacevole, la abbraccia teneramente e la consola come si usa fare con i bambini piccoli: “Now, baby. Now, now, love”, “Su, piccola. Su, su, amore”, e tutto torna come prima. Stella, dopo aver rinchiuso la sorella in manicomio, resta con il marito che ha commesso lo stupro, ma di cui continua a essere innamorata, come si evince da tutto l’andamento del dramma che culmina nel finale. Stella ha accettato la violenza maschile, piacciono anche a lei le buone maniere e la gentilezza, ma non le interessano primariamente, come invece interessano a Blanche, non se ne vuole andare dalla situazione in cui vive, preferisce stare con suo marito che è un bel ragazzo e che le piace e questo le basta. Fa rinchiudere Blanche in manicomio non per l’accesso di follia che Blanche ha avuto dopo che Mitch le ha detto che non l’avrebbe sposata perché indegna e dopo che le avrebbe voluto usare violenza anche lui dato il tipo di donna che egli ritiene essa sia. La fa internare per pura gelosia verso la sorella alla cui versione dei fatti occorsi non vuole comunque credere, preferendo salvaguardare la figura di Stanley, non volendo vedere la sua realtà. Blanche dunque, concludendo, viene messa al manicomio da un mondo che si spaccia per progredito e ancorato al reale e che invece è retrocesso all’età dei bruti che ha preso il sopravvento sui migliori, così secondo il messaggio insito nell’opera di Williams.
Adesso veniamo al finale del film.
Dopo che Blanche viene portata via dallo psichiatra che le si rivolge con gentilezza e la tratta da signora togliendosi il cappello e dandole il braccio perché ha capito la personalità innocua e bisognosa di buone maniere di Blanche, Stella decide di abbandonare Stanley, gli intima di non toccarla mai più, prende il neonato e scappa su da Eunice. Stanley la chiama nella consueta sceneggiata, ma questa volta Stella non risponde, né scende da lui. Dunque la Stella del film capisce improvvisamente che Blanche aveva ragione sulla brutalità del marito e lascia un marito così violento e rozzo proprio come le aveva consigliato la sorella. Tuttavia ha inviato Blanche al manicomio, sembra capire sì che abbia ragione Blanche, ma la rinchiude al manicomio, ciò come anche nel dramma dove però non realizzava i consigli della sorella. Ma ha per caso senso che Stella rinchiuda al manicomio la sorella i cui consigli essa adesso realizza rendendosi improvvisamente conto di che razza d’uomo abbia sposato? Ma se la realtà è quella predicata da Blanche e che Stella accetta di fatto alla fine, perché Blanche deve andare al manicomio come ci vanno coloro che non capiscono più il mondo, la realtà? E se ha avuto ragione, perché la sorella che tanto la amava non la aiuta a superare il trauma della violenza e altro non fa che escluderla dalla sua vita come oggetto ormai inservibile? Un finale per far trionfare i buoni principi, la riscossa della donna che rifiuta la violenza? No, un finale in confusione: ci possono forse essere buoni principi che prevedono l’internamento di chi aveva, e ha, ragione e solo è traumatizzato per la violenza che ha do vuto subire? I buoni principi non sarebbero buoni principi in questo caso. L’unica risposta all’internamento di Blanche sta allora nella vendetta di Stella contro la sorella e contro Stanley stesso che l’ha comunque tradita mentre stava partorendo all’ospedale, questo in un orizzonte del tutto tradizionale, vecchio, arcaico che nulla ha a che vedere con la modernità, con il realismo dei tempi nuovi, si tratta di un realismo dei tempi più vecchi. Certo lascia il marito, ma fino al tradimento accettava la sua violenza quasi con piacere, quindi se adesso non la accetta più è solo per vendetta e non perché è diventata donna che si ribelli alla violenza maschile. Solo se ne va portando via il piccolo e volendo dare un massimo dolore a Stanley, tutto in una visuale di piccolo raggio. La rappresentazione del mondo femminile in Williams, come abbiamo visto, è dunque portatrice di una forte critica alla donna che, non ribellandosi e accettando la violenza maschile, la favorisce e comunque favorisce lo status quo nelle relazioni tra i più forti e i più deboli, critica forte cui il film con il finale hollywoodiano a sorpresa ha rinunciato completamente: Stella non resta con Stanley, ma lo lascia come per una riscossa personale che nel dramma non ha luogo, né ha qualche cenno di possibile sviluppo.
Chi si ribella alla violenza maschile, sia nel dramma che nel film, è Blanche che nel finale del dramma e anche del film si erge grandiosa nella sua purezza e umile superiorità. Esce da quel mondo intonsa, rimasta pura come la sua veste – bianca nel dramma – che non ha trattenuto le macchie se non nella sola superficie presto cancellate. La sua uscita domina la scena e tutto il resto, quanto di brutto e di volgare, di malvagio attorno a lei scompare spazzato via dal suo totale e definitivo rifiuto.
Come già chiarito, nel film manca anche ogni aggancio all’omosessualità, per cui ad esempio la simbologia dei nomi, di Allan Grey e Belle Reve, diventa monca o di nessun senso qualsiasi, sebbene sia difficile non considerare simboli la sgrammaticatura di Belle Reve – per non avere fastidi, come già detto, Kazan ha cambiato il nome di Laurel in Auriol, ossia dove ha capito come stavano le cose, ha agito di conseguenza cambiando il nome.
Per concludere questa analisi, ancora una riflessione sulla semantica del titolo Un tram che si chiama Desiderio. Il desiderio, è il filo conduttore della vicenda: è il desiderio sessuale che induce Stella, come nel finale del dramma, a restare con il suo uomo, non è il desiderio di raffinatezza, di gentilezza, di buone maniere, di quei fini comportamenti che tanto piacciono a Blanche per come li ha appresi a Belle Reve, è il desiderio erotico sul piano fisico, animalesco. Si tratta di un titolo che è in sintonia totale con l’opera di Tennessee Williams, dove appunto prevale il desiderio sessuale, di relazione con un compagno o una compagna, ciò che si estende al piano esistenziale umano, universale nel viaggio concreto e metaforico a tre tappe che affronta Blanche e che attraversa la morte per giungere al sogno di un Elisio. I nomi Desiderio, Cimiteri, Campi Elisi, mettono in immediato contatto contrastivo la vita, rappresentata emblematicamente nel desiderio sessuale diversamente inteso dai personaggi, e la morte come suo contrario seguita dalla speranza in un nobile luogo di bellezza. Anche Stella stessa e suo marito vivono nei Campi Elisi. Questi sono diventati tuttavia a loro misura, privati del loro significato di al di là bellissimo, ma solo luogo dove vivere in terra come un inferno terreno, Campi Elisi che stanno sul piano della materialità del vivere, dell’ignoranza e al massimo dell’ironia e che inorridiscono Blanche al suo arrivo appunto ai Campi Elisi, molto diversi dal suo sogno di eternità, di bellezza. In questa ubicazione della casa di Stella è rappresentato emblematicamente come persone materiali, volgari e primitive possano distruggere ciò che la cultura può avere portato di progresso degli animi, di bellezza della vita, un po’ come dei re Mida all’opposto, ossia che distruggano tutto ciò che tocchino con le loro mani, un po’ come recita il cristiano “dare le perle ai porci”. Quest’opera di distruzione della cultura, tema, come abbiamo evidenziato, molto rilevante nel dramma e nel film quando non si discosti dal dramma, viene svolta con piacere da Stanley: lui dileggia la cultura di Blanche cui essa resta indissolubilmente ancorata, mentre lui ritiene di essere ancorato nel reale, al suo reale – conosce chi se ne intende di leggi, di valutazione dei beni materiali e altro –, cultura però di cui ha invidia, ma che appunto anche per questo mostra di disprezzare. Lui è uomo che non ha mai amato la letteratura e che urla in faccia a Stella come essa sia stata contenta di abbandonare gli stili di vita del suo casato colto e raffinato per andare a vivere con lui che rappresenta tutto il contrario: la volgarità, come ammette egli stesso quasi gloriandosene e comunque rinfacciando a Stella la sua caduta nel basso – anche Stella nel dramma ha il suo colpo di fortuna nella proposta di Blanche di andarsene con lei per una nuova vita migliore, ma non la sa cogliere.
Ricapitolando: un titolo dalla complessa semantica, che mette in primo piano il desiderio sessuale, di vita, ma che ha un seguito nella meta, che Blanche dice esplicitamente di dover raggiungere, ossia nei Cimiteri, nella morte, e nell’illusorio al di là dei Campi Elisi, il tutto in un molto pacato scetticismo espresso sul piano metaforico di nuovo relativo ai nomi, Campi Elisi dalla diversa performance in Stanley e in Blanche. Una nota biografica che esula dall’analisi: Tennessee Williams alloggiava stabilmente a New York nell’albergo denominato Eliseo, una scelta che appare del tutto legata ai simboli del dramma Un tram che si chiama Desiderio che è per altro la sua opera migliore, più profonda, più foriera di tempi a venire come abbiamo visto.
Andiamo ora all’annunciato cenno al commento musicale di Alex North (Chester 1910 Los Angeles 1911). Si tratta di una colonna sonora che non ha un Leitmotiv specifico che si ripete secondo le occasioni, bensì è formata molto felicemente da singoli brani soprattutto di musica blues che, prendendo spunto dal blue piano del dramma di Tennessee Williams, accompagnano gli eventi rappresentati lietamente e meno lietamente, con toni sommessi e più energici nel ritmo e nel volume a seconda dei casi, ma diversi ogni volta. Un Leitmotiv comunque c’è ed è dato da una Varsoviana, che sta nel dramma e nel film, eseguita quale nostalgica e triste melodia, più o meno sommessa, Varsoviana che è il tema di Blanche, la danza di Blanche durante la quale essa ha rinfacciato al marito, nel dramma, di averlo visto con l’amico nella camera nuziale e, nel film, di essere un inetto poco maschile. Quando Blanche ripensa al suicidio del marito, di cui, come accennato, si sente colpevole per averlo disprezzato, risuona nella sua mente tale aria musicale come malinconica, dolorosa e indelebile memoria dell’evento tanto tragico, impresso nella sua mente, riaffiorante nella sua sensibilità alla più piccola stimolazione. Non proprio felice invece da parte di North appare la scelta dell’accompagnamento musicale relativo all’azione di Blanche quando ella, dopo l’accesso di follia in seguito al rifiuto di Mitch di sposarla e al suo tentativo di avere un rapporto sessuale con lei quasi con violenza, rientra in casa e chiude tutte le finestre una dopo l’altra per evitare l’impatto con coloro che si sono raggruppati fuori attirati dalle sue urla disperate: la musica pare essere adatta ad un cartone animato che susciti il sorriso nei bambini, mentre al contrario commenta un evento tragico.
Un’ultimissima nota sulle voci originali di Vivien Leigh e Marlon Brando doppiati dagli ottimi Lydia Simoneschi e Stefano Sibaldi. Le lingue sono molto diverse nell’impostazione ritmica che le contraddistingue: l’inglese, lingua più consonantica che vocalica, è retto da un ritmo piuttosto marcato, come in un sottofondo di marcia lenta e lontana; l’italiano, la lingua più musicale del mondo come si dice – la patria del canto lirico è in ogni caso l’Italia –, è contraddistinto dalla messa in primo piano delle vocali con cui per altro termina la quasi totalità delle parole sfumandone il suono. Venendo al film, la voce di Vivien Leigh dà all’eloquio una gamma molto varia di suoni e intonazioni secondo gli stati d’animo, in particolare dà all’eloquio inglese o angloamericano la più sorprendente armonia e profonda sensualità così che il suo discorso si pone come sul piano del canto o più esattamente del sospiro che sfuma la presenza consonantica e del ritmo. Inutile ribadire che l’interpretazione di Vivien Leigh, la migliore della sua non lunga carriera, è straordinaria in tutti i dettagli, eloquio in primo luogo. L’originale voce di Marlon Brando è di per sé adattissima alle caratteristiche dell’inglese, anzi dell’americano, che non stravolge in nulla. In particolare nel film la sua voce evoca ed esprime non di rado nell’impostazione lo schema del vocalizzo di base intrinseco al verso dell’aggressivo gatto selvatico, gatto che Stanley imita senza sforzo quando rifà appunto il verso aggressivo del gatto e spaventa a sua volta con il suo ringhio Blanche che già era trasalita nell’udire le urla dei gatti nei pressi della casa. Nel doppiaggio italiano di Marlon Brando ciò si perde inevitabilmente del tutto, mentre per Blanche si mantiene l’armoniosità dello speciale eloquio inglese, sebbene non del tutto, perdendosi tuttavia la particolare più profonda sensualità di cui è capace la lingua inglese medesima.
Qui termina l’analisi semantica del messaggio contenuto nel film di Elia Kazan nel suo schema fondamentale, per comprendere il quale è stata indispensabile una consistente comparazione con il dramma di Tennessee Williams, per discernere le uguaglianze e le differenze con la grande opera del drammaturgo, per identificare il messaggio contenuto nel film e le incongruenze che lo affliggono, un film comunque godibile in sé soprattutto per la superba interpretazione di Vivien Leigh che si impone su tutto e per il sex appeal del giovane Marlon Brando.